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L’escalation tra Biden e Netanyahu: tensione ai massimi storici
Joe Biden e Benjamin Netanyahu sembrano essere ai ferri corti, con la tensione che raggiunge livelli senza precedenti. Dopo un colloquio telefonico durato circa 40 minuti, il presidente degli Stati Uniti ha messo in guardia il primo ministro israeliano riguardo alle possibili conseguenze negative di un’offensiva militare a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. Biden ha sottolineato l’importanza di garantire la sicurezza dei civili palestinesi come priorità per Israele, al fine di favorire la costruzione di pace e stabilità nella regione.
John Kirby, portavoce per la sicurezza nazionale, ha ribadito il sostegno degli Stati Uniti insieme a Canada, Nuova Zelanda e Australia, affermando che attaccare Rafah sarebbe un grave rischio per la popolazione locale. Secondo Kirby, la mancanza di rifugi per i palestinesi nella zona farebbe sì che un’offensiva militare comporterebbe gravi conseguenze umanitarie. Questa posizione condivisa è emersa chiaramente in una dichiarazione congiunta, evidenziando la preoccupazione internazionale per la situazione delicata in Medio Oriente.
La reazione decisa di Netanyahu e i piani per un muro al confine
La reazione di Benjamin Netanyahu alle pressioni internazionali è stata netta e poco diplomatica. Attraverso i social media, il premier israeliano ha respinto categoricamente l’idea di accettare la creazione di uno Stato palestinese, sottolineando la fermezza della posizione del suo Paese. “Pressioni per accettare uno Stato palestinese”, ha affermato Netanyahu, “non saranno tollerate da Israele”. Questo atteggiamento risoluto potrebbe complicare ulteriormente la già delicata situazione diplomatica tra Israele e gli Stati Uniti, oltre che con altri Paesi che hanno espresso preoccupazione per la situazione.
Nel frattempo, si è appreso di un’indiscrezione riguardante un possibile progetto di costruzione di un muro al confine tra Egitto e Israele. Funzionari egiziani e analisti della sicurezza hanno rivelato che Il Cairo sta valutando seriamente l’opzione di erigere una barriera lunga 12 km nel deserto del Sinai. Questa struttura, definita come una “zona cuscinetto”, sarebbe in grado di ospitare fino a 100mila rifugiati palestinesi, fornendo una soluzione temporanea all’eventuale crisi umanitaria derivante da un’offensiva israeliana a Rafah. La possibilità della costruzione di questo muro sembra sempre più concreta, vista l’imminente avanzata militare israeliana nella regione.