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Riforma costituzionale: il nodo dell’elezione diretta del premier
Dopo un percorso tortuoso, segnato da discussioni e tensioni, la riforma costituzionale che introdurrebbe l’elezione diretta del premier entra in una fase cruciale. La maggioranza ha finalmente formulato gli emendamenti al testo, che adesso attende l’approvazione dei leader politici. La presenza dei ministri Casellati e Ciriani, insieme ai capigruppo del centrodestra del Senato, testimonia la delicatezza della situazione e l’importanza delle decisioni in gioco.
Mediazione e poteri del premier
La Lega, attraverso un vivace confronto interno, ha esercitato una significativa pressione, portando a una forma di mediazione. Si delineano nuove regole per la sfiducia del premier, che ora potrà essere sfiduciato dalla propria maggioranza solo tramite una “mozione ad hoc“, motivata e esplicita. “Non basta che venga bocciata una legge per sfiduciare il premier, serve una scelta della maggioranza”, ha dichiarato una fonte interna alla maggioranza. La norma implica che il premier potrebbe chiedere lo scioglimento delle Camere in caso di sfiducia, oppure dimettersi, lasciando il posto a un “secondo” premier scelto all’interno della maggioranza.
Sfiducia e successione
Le norme relative alla sfiducia e alla successione del capo del governo non sono esplicitamente dettagliate nel testo, ma si evincono dagli articoli. Si prevede che un eventuale sostituto del premier, in caso di impedimento o dimissioni, non avrebbe il potere di scioglimento delle Camere, essendo non “eletto”. Resta tuttavia opaco il meccanismo decisionale in caso di sfiducia contro il sostituto.
Controllo e limiti del mandato
Introdotti anche significativi cambiamenti nelle prerogative del premier, che ora avrebbe il potere di proporre al Capo dello Stato la nomina ma anche la revoca dei ministri. Una novità rilevante riguarda il limite dei mandati, fissato a due, con una possibile estensione a tre qualora i due mandati precedenti non abbiano superato complessivamente i sette anni e sei mesi. Viene inoltre abolito il cosiddetto “semestre bianco” per il Capo dello Stato, che, in caso di sfiducia tramite mozione del premier, si vedrebbe obbligato a sciogliere le Camere fino al termine del proprio mandato.
Il dibattito politico e l’opposizione
Nonostante il termine per la presentazione degli emendamenti sia fissato per lunedì, l’opposizione si sta già organizzando per un confronto acceso. Elly Schlein, esponente di spicco dell’opposizione, ha preannunciato una resistenza decisa: “Possono cambiare quello che ritengono per i loro scambi interni, ma se rimane l’elezione diretta del premier avranno dal Pd l’opposizione più ferma e dura che possiamo mettere in campo”. Una dichiarazione che sottolinea la profondità del divario tra maggioranza e opposizione su una questione tanto fondamentale per la vita democratica del Paese.
La riforma e il premio di maggioranza
Un altro punto cardine della riforma riguarda il sistema di voto e il conseguente premio di maggioranza. Sebbene la Carta preveda tale premio, i dettagli non sono stati ancora definiti, lasciando aperto un ulteriore fronte di incertezza. La riforma, quindi, non solo modificherebbe la modalità di elezione del premier ma interverrebbe anche sulla struttura del sistema elettorale, con implicazioni profonde per l’equilibrio dei poteri e la rappresentatività democratica.
Questo periodo di transizione vede l’Italia alle prese con un dibattito istituzionale di rilevanza storica. Le decisioni che verranno prese nei prossimi giorni potrebbero ridefinire l’architettura politica del Paese, incidendo direttamente sul rapporto tra i cittadini e le istituzioni. Mentre si attende il via libera dei leader, i riflettori sono puntati su un processo che potrebbe segnare una nuova era per la democrazia italiana.
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