La lunga e travagliata storia della riforma della giustizia in Italia
La riforma della giustizia e, in particolare, la separazione delle carriere dei magistrati, è una questione che ha attraversato decenni di dibattiti e tentativi falliti. Da Bettino Craxi ai Radicali, passando per Silvio Berlusconi e Massimo D’Alema, molti hanno cercato di portare avanti questo cambiamento. Tuttavia, dal riordino del processo penale del 1989, il percorso è stato spesso interrotto.
Il governo di Giorgia Meloni, sostenuto da un accordo politico in maggioranza e con l’ex giudice Carlo Nordio come Ministro della Giustizia, sembra ora determinato a realizzare questa riforma. Con il supporto di una parte dell’opposizione, come Azione e Italia Viva, il governo punta a portare il testo della riforma in Consiglio dei ministri entro maggio.
Un nuovo assetto per il Consiglio Superiore della Magistratura
Il progetto di riforma prevede l’istituzione di due Consigli Superiori della Magistratura (CSM) e di un’Alta Corte, i cui membri sarebbero sorteggiati, per giudicare sia i magistrati giudicanti che quelli requirenti. Si sta anche considerando una riflessione sull’esercizio dell’azione penale e sulla sua discrezionalità, con l’obiettivo di riformare l’articolo 112 della Costituzione, che prevede l’obbligatorietà dell’azione penale, e attuare pienamente il sistema accusatorio.
L’equilibrio è però difficile da raggiungere. Carlo Nordio sta cercando la formula più adatta per superare le difficoltà che in passato hanno ostacolato il dibattito sulle “porte girevoli” tra giudici e pubblici ministeri. Nel suo libro del 2010, scritto con Giuliano Pisapia, Nordio ha sottolineato la necessità di “dialogare in punta di fioretto” piuttosto che “entrare con la clava nella cristalleria”.
Le reazioni e le sfide da affrontare
Il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), Giuseppe Santalucia, ha auspicato un confronto con il ministro Nordio sulla riforma della giustizia, per un contributo tecnico prima che diventi legge. Tuttavia, la situazione rimane tesa e il rischio di scontro è alto. Il governo considera il dialogo benefico, a patto che non si trasformi in un tentativo di bloccare la riforma.
Gian Domenico Caiazza, capolista alle Europee per la lista Stati Uniti d’Europa ed ex presidente dell’Unione Camere Penali, ha espresso dubbi sulla realizzazione della riforma. Ha sottolineato come, dall’inizio della legislatura, siano stati fatti molti annunci ma non ci sia ancora un testo scritto. Anche Matteo Renzi, leader di Italia Viva, ha criticato il ministro Nordio, accusandolo di non aver prodotto risultati concreti dopo due anni di mandato.
I tentativi falliti del passato
La storia della riforma della giustizia è costellata di tentativi falliti. Nel 2002, la “riforma Castelli” iniziò l’iter parlamentare per la separazione delle carriere, ma fu bloccata dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi per profili di incostituzionalità. Nel 2007, il governo Prodi e il ministro Clemente Mastella riuscirono solo a inserire un limite di non più di quattro passaggi in carriera per i magistrati.
Anche i Radicali, nel 2013, tentarono una raccolta firme per la riforma, ma senza successo. Tra il 2017 e il 2020, la proposta di un ddl costituzionale dell’Unione Camere Penali Italiane si paralizzò. Nel 2022, il referendum anti-porte girevoli lanciato da Lega e Radicali non raggiunse il quorum necessario.
La sfida attuale del governo Meloni
Oggi, il governo Meloni sembra più determinato che mai a portare avanti la riforma. Tuttavia, la mancanza di un testo scritto e le tensioni interne alla maggioranza e con l’opposizione rendono il percorso ancora incerto. Mentre l’Associazione Nazionale Magistrati si prepara a riunirsi in congresso dal 10 al 12 maggio, il governo attende di vedere se ci saranno attacchi alla riforma. Se questi arriveranno con forza, potrebbe essere un segno che una collaborazione non è possibile.
Nel frattempo, il governo cerca di mantenere un equilibrio delicato, evitando di correre troppo. La storia stessa della riforma della giustizia in Italia suggerisce che il cammino è irto di ostacoli e che il successo non è garantito. Tuttavia, l’accordo politico esiste e la determinazione del governo è forte. Resta da vedere se questa volta sarà davvero la volta buona per una riforma attesa da oltre trent’anni.