La Volta Buona per la Riforma della Giustizia?
La riforma della giustizia, in particolare la separazione delle carriere dei pubblici ministeri (pm), è un tema che ha attraversato decenni di storia politica italiana. Da Bettino Craxi ai Radicali, passando per Silvio Berlusconi e Massimo D’Alema, molti governi hanno tentato di portarla a compimento. Tuttavia, nessuno è riuscito a separare definitivamente il magistrato che accusa da quello che giudica.
Oggi, il governo di Giorgia Meloni sembra voler riprendere questo lungo e complesso viaggio, sostenuto da un accordo politico di maggioranza e dalla presenza di Carlo Nordio, ex giudice, come ministro della Giustizia. Inoltre, una parte dell’opposizione, come Azione e Italia Viva, sembra essere in linea con questa direzione. Entro maggio, il testo della riforma dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri sotto forma di disegno di legge costituzionale.
Due Consigli Superiori della Magistratura e un’Alta Corte
Il nuovo disegno di legge prevede l’istituzione di due Consigli Superiori della Magistratura (Csm) e di un’Alta Corte. Quest’ultima, composta da membri sorteggiati, avrà il compito di giudicare sia i magistrati giudicanti che quelli requirenti. Non si esclude, inoltre, una riflessione sull’esercizio dell’azione penale e sulla sua discrezionalità, con l’obbiettivo di riformare l’articolo 112 della Costituzione, che prevede l’obbligatorietà dell’azione penale, per attuare pienamente il sistema accusatorio.
L’equilibrio, però, è difficile da raggiungere. Nordio è alla ricerca della formula più adatta per superare le difficoltà che hanno bloccato il dibattito in passato. Nel 2010, nel libro scritto con Giuliano Pisapia, Nordio sottolineava la necessità di “dialogare in punta di fioretto” piuttosto che “entrare con la clava nella cristalleria”. Questo approccio sembra funzionare, almeno in parte, come dimostrano le recenti dichiarazioni del presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm), Giuseppe Santalucia.
Il Ruolo dell’Associazione Nazionale Magistrati
Nonostante le critiche tradizionali (“È la riforma di chi ha in antipatia un singolo pm”), Santalucia ha auspicato “un confronto con il ministro Nordio sulla riforma della giustizia, almeno prima che diventi legge, per un contributo tecnico”. Questa apertura potrebbe sembrare una buona notizia, ma potrebbe anche preannunciare l’ennesimo scontro. Nel governo, il dialogo è considerato benefico, a patto che non si trasformi in un tentativo di bloccare la riforma.
Con Nordio momentaneamente assente da Roma per presiedere il G7 a Venezia, la strategia è quella di non correre troppo. Si guarda con interesse alla prossima settimana, quando l’Anm si riunirà in congresso dal 10 al 12 maggio. Se gli attacchi arriveranno con forza, “sarà il segno che una collaborazione non è possibile”, spiega una fonte vicina al dossier.
Dubbi e Critiche dall’Opposizione
Gian Domenico Caiazza, capolista alle Europee per la lista Stati Uniti d’Europa ed ex presidente dell’Unione camere penali, è scettico. “L’annuncio del varo della riforma costituzionale della separazione delle carriere sarà, ad occhio e croce, il quindicesimo dall’inizio della legislatura”, ha sottolineato. “Due sole domande. La prima: come mai non c’è ancora un testo scritto?” La seconda: “si tratta di una riforma costituzionale, come il premierato, quando pensate di farla? Prima, dopo, contemporaneamente?”
Una fetta significativa dell’opposizione condivide questi dubbi. Matteo Renzi, leader di Italia Viva, ha dichiarato: “La riforma della giustizia non si farà mai con questo governo. Il ministro Nordio è una persona perbene ma dopo due anni continua a fare chiacchiericcio, non abbiamo visto niente”. Enrico Costa, deputato di Azione, ha parlato di “scopo evidentemente dilatorio”, sottolineando come da un anno e mezzo sia “pendente” alla Camera un testo base su cui sono state svolte “ben 35 audizioni di esperti, 14 sedute”, e rimarcando come ora si “dovrà ripartire daccapo”.
Un Percorso Tortuoso
Il clima odierno appare distante dal “resistere, resistere, resistere” scandito nel 2022 dal procuratore generale Francesco Saverio Borrelli, capo del pool di Mani Pulite, all’apertura dell’anno giudiziario. Tuttavia, il sospetto che anche questo tentativo possa naufragare è forte, considerando la storia stessa della riforma.
Nel 2000, Silvio Berlusconi boicottò un referendum dei Radicali per realizzare la riforma una volta al governo. Dopo Tangentopoli, la “riforma Castelli” del 2002 iniziò l’iter parlamentare, ma si arenò a causa di profili di incostituzionalità. Tre anni più tardi, il governo Prodi e il ministro Clemente Mastella riuscirono solo a inserire un limite di quattro passaggi in carriera. Dal 2013 al 2022, vari tentativi di raccolta firme e proposte di disegni di legge sono finiti nel vuoto.
Oggi, nonostante un accordo politico, manca ancora un testo capace di reggere le quattro letture in Parlamento e un eventuale referendum. La riforma della giustizia rimane un obiettivo ambizioso, ma il percorso per raggiungerlo è ancora irto di ostacoli.