Riforma della Giustizia: Un Viaggio di Trenta Anni
La riforma della giustizia in Italia, in particolare la separazione delle carriere dei magistrati, è un tema ricorrente nella politica italiana da oltre trent’anni. Dal referendum dei Radicali all’inizio degli anni ’90, passando per le proposte di Berlusconi e la Bicamerale di D’Alema, questo capitolo della politica giudiziaria italiana è stato segnato da numerosi tentativi e altrettanti fallimenti.
A Bettino Craxi piaceva, così come a Silvio Berlusconi, che la considerava un’eredità da lasciare al Paese. Anche la Bicamerale di Massimo D’Alema l’aveva tra i suoi punti qualificanti. Tuttavia, dal riordino del processo penale del 1989, la strada per la riforma della giustizia è stata interrotta ben prima di riuscire a dividere per sempre il magistrato che accusa da quello che giudica.
Il Governo Meloni e la Nuova Spinta Riformista
Il governo di Giorgia Meloni sembra intenzionato a dare una nuova spinta alla riforma dell’ordinamento giudiziario. Forte di un accordo politico in maggioranza e con il supporto di un ex giudice come Carlo Nordio nel ruolo di Ministro della Giustizia, il progetto appare più realizzabile che mai. La presenza di una parte dell’opposizione, come Azione e Italia Viva, sulla stessa lunghezza d’onda, contribuisce a rafforzare questa impressione.
La riforma prevede l’istituzione di due Consigli Superiori della Magistratura (CSM) e di un’Alta Corte che, con membri sorteggiati, si occuperà di giudicare sia i magistrati giudicanti che requirenti. Non si esclude neppure una riflessione sull’esercizio dell’azione penale e sulla sua discrezionalità, con l’obiettivo di riformare l’articolo 112 della Costituzione e attuare pienamente il sistema accusatorio.
Il Difficile Equilibrio da Raggiungere
Trovare l’equilibrio giusto è però un compito arduo. Carlo Nordio è alla ricerca della formula più adatta per aggirare le insidie che in passato hanno bloccato il dibattito sulle porte girevoli tra giudici e pm. Nel suo libro ‘In attesa di giustizia’, scritto con Giuliano Pisapia nel 2010, Nordio sottolineava la necessità di ‘dialogare in punta di fioretto’ piuttosto che ‘entrare con la clava nella cristalleria’. Un approccio che sembra funzionare, a giudicare dalle recenti dichiarazioni del presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), Giuseppe Santalucia.
Il Confronto con l’Opposizione
Nel governo, il dialogo è considerato benefico, a patto che non si trasformi in un tentativo di bloccare la riforma. La strategia è quella di non correre troppo, in attesa del congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati che si terrà dal 10 al 12 maggio. Se da quel congresso emergeranno attacchi forti, sarà il segno che una collaborazione non è possibile.
Un Lungo Cammino di Tentativi Falliti
La storia della riforma della giustizia è costellata di tentativi falliti. La ‘riforma Castelli’ del 2002 iniziò il suo iter parlamentare per la separazione delle carriere, ma uscì da Montecitorio nel 2004 senza raggiungere l’obiettivo. Anche il governo Prodi e il ministro Clemente Mastella, tre anni dopo, riuscirono solo a inserire un limite di non più di quattro passaggi in carriera per i magistrati.
Le Sfide Future
Nonostante l’accordo politico, è ancora presto per cantare vittoria. La bozza del testo della riforma deve ancora essere scritta e dovrà reggere quattro letture in Parlamento, oltre a un eventuale referendum. Le prossime settimane saranno cruciali per capire se questa volta la riforma della giustizia riuscirà a vedere la luce o se, come in passato, finirà per essere sacrificata sull’altare dell’opportunità politica.