La Riforma della Giustizia: Un’Ennesima Promessa o la Volta Buona?
A Bettino Craxi piaceva, eccome. I Radicali l’hanno sottoposta agli italiani con un referendum. Per Silvio Berlusconi era l’eredità che avrebbe voluto lasciare al Paese. E pure la Bicamerale di Massimo D’Alema l’aveva tra i suoi punti qualificanti. Quella della riforma della giustizia, e in particolare della separazione delle carriere dei pm, è una storia lunga più di trent’anni.
Una strada lastricata dalle promesse dei governi che – dal riordino del processo penale in Italia del 1989 – si è interrotta ben prima di riuscire a dividere per sempre il magistrato che accusa da quello che giudica.
Il Governo Meloni e la Nuova Spinta Riformista
Un lungo e affannoso viaggio intrapreso anche dal governo di Giorgia Meloni, che, forte di un accordo politico in maggioranza, di un ex giudice come Carlo Nordio a via XX Settembre e di una parte dell’opposizione più o meno sulla stessa linea d’onda (Azione e Iv), sembra considerare la riforma dell’ordinamento giudiziario realmente realizzabile.
Tenendo fede al programma elettorale di Forza Italia e soprattutto all’ambizione azzurra di farne bandiera verso il voto europeo, entro maggio infatti giurano che il testo approderà in Consiglio dei ministri sotto forma di Ddl costituzionale.
Un’Alta Corte e Due Csm
E lo farà – ma è ancora da scrivere – affiancando all’istituzione di due Csm quella di un’Alta Corte che, con membri sorteggiati, si occuperà di giudicare sia i magistrati giudicanti che requirenti. Non si esclude neppure che alla fine possa essere portata avanti anche una riflessione sull’esercizio dell’azione penale e della sua discrezionalità con l’obiettivo di riformare l’articolo 112 della Costituzione.
L’equilibrio è però difficile da centrare. E Nordio resta alla ricerca della formula più adatta per provare ad aggirare le sabbie mobili in cui in passato si è trasformato il dibattito sulle porte girevoli tra giudici e pm.
Il Dialogo con l’Associazione Nazionale Magistrati
D’altro canto è stato proprio l’attuale guardasigilli, nel libro scritto con Giuliano Pisapia (“In attesa di giustizia”) nel 2010, a dettare la necessità di «dialogare in punta di fioretto» piuttosto che «entrare con la clava nella cristalleria». Un approccio che, almeno in parte, parrebbe funzionare a leggere l’altalena delle dichiarazioni del presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia.
Accanto ai più tradizionali strali («È la riforma di chi ha in antipatia un singolo pm»), venerdì il magistrato ha auspicato «un confronto con il ministro Nordio sulla riforma della giustizia, almeno prima che diventi legge, per un contributo tecnico. Scelga lui se prima o dopo il Cdm».
Le Critiche dell’Opposizione
Una piccola apertura che, sulla carta, sa di “volta buona” ma che nei fatti potrebbe preannunciare l’ennesimo scontro. Nel governo il dialogo è considerato benefico, a patto che non si trasformi nel tentativo di impallinare la riforma. Per questo, complice la momentanea assenza da Roma di Nordio per presiedere il G7 a Venezia, la strategia è quella di non correre troppo.
A spiegarlo è ad esempio Gian Domenico Caiazza, capolista alle Europee per la lista Stati Uniti d’Europa ed ex presidente dell’Unione camere penali. «L’annuncio del varo della riforma costituzionale della separazione delle carriere sarà, ad occhio e croce, il quindicesimo dall’inizio della legislatura» ha sottolineato.
La Storia dei Tentativi Falliti
«Due sole domande. La prima: come mai non c’è ancora un testo scritto?» Seconda domanda: «si tratta di una riforma costituzionale», come il premierato, «quando pensate di farla? Prima, dopo, contemporaneamente?». Dubbi a cui si accoda una grossa fetta dell’opposizione “dialogante” con il governo sul punto.
Tralasciando le lunghe discussioni post Tangentopoli, da lì in poi i buchi nell’acqua sono diventati una lunga sequenza. La “riforma Castelli” del 2002 inizia l’iter parlamentare anche per la separazione delle carriere, ma dopo lo stop del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che la rinvia alle Camere a causa alcuni profili di incostituzionalità, esce da Montecitorio nel 2004 senza centrare l’obiettivo.
Il Futuro della Riforma
Tre anni più tardi è la volta del governo Prodi e del ministro Clemente Mastella che riesce però solo ad inserire un limite di non più di quattro passaggi in carriera (e solo dopo aver svolto le stesse funzioni per 5 anni). Poi ancora la raccolta firme finita nel vuoto dei radicali nel 2013, la proposta di un ddl costituzionale dell’Unione camere penali italiane paralizzatosi tra il 2017 e il 2020.
Fino al referendum anti-porte girevoli del 2022 lanciato da Lega e Radicali finito seppellito sotto al mancato raggiungimento del quorum. Anche per questo però, oggi è presto. C’è un accordo, è vero, ma manca un testo capace di reggere quattro letture in Parlamento ed un eventuale referendum.