![La libertà di stampa in Italia: un confronto tra realtà e percezioni distorte 1 20240514 231008](https://masainews.it/wp-content/uploads/2024/05/20240514-231008.webp)
Quando questa mattina ho letto l’apertura di Repubblica, non volevo crederci. Il titolo era “Libertà di stampa, l’Italia arretra” e intervistavano alcuni esponenti di “Reporter senza Frontiere” che, con il loro solito strascico di opinioni discutibili, hanno dato il via al festival del “Resistere alle pressioni del regime”.
Il punto fondamentale è che questa è la classica idiozia secondo cui io dovrei unirmi a Giannini per andare sul colle di Portofino a combattere contro l’occupazione nemica, che sarebbero i fascisti. Sì, perché in Italia, secondo Repubblica, manca la libertà di stampa. Mi viene un po’ da ridere. Sapete perché? Perché mentre questi parlano di regime, il più importante premio cinematografico italiano – il David di Donatello – ha premiato al primo posto un film che si occupa di immigrazione e al secondo uno che si occupa del patriarcato, due dei presupposti preferiti dalla stampa per attaccare questo governo.
Contraddizioni e paradossi
Passiamo poi alle premiazioni individuali. Indovinate chi è stato premiato come migliore attore? Michele Riondino, lo stesso che il primo maggio ha condiviso una foto di La Russa a testa in giù. E menomale che questo è un regime!
Il primo argomento sollevato da “Reporter senza Frontiere” è che ci sarebbero pressioni politiche sulla Rai. Porca miseria! Avevamo proprio bisogno del loro intervento per capire che in Italia ci sono delle pressioni politiche sulla Rai. Mi chiedo però: dove cavolo erano i reporter quando il movimento di Giorgia Meloni, unico partito di opposizione durante il governo Draghi, non aveva neanche un consigliere d’amministrazione nella Rai?
L’acquisizione dell’AGI e le sue implicazioni
Il secondo motivo per cui l’Italia arretra nella libertà di stampa sarebbe che c’è la possibilità che l’AGI venga venduta a un senatore della Lega, Angelucci. Anche qui vorrei capire come ragionano questi reporter: l’Agi è meglio che sia controllata dall’Eni e quindi dallo Stato, o da un senatore che agisce come privato cittadino? Si rendono conto delle loro enormi contraddizioni?
Voglio chiedere loro un’altra cosa. Questi reporter che fanno le interviste per Repubblica, lo sanno che Repubblica è il giornale della famiglia Elkann, che ha degli interessi economici fenomenali in questo paese? Tra l’altro, proprio il giornale che oggi pubblica l’intervista di questi reporter che tanto si battono per la libertà di stampa, ha mandato al macero 100mila copie già stampate perché urtavano la suscettibilità del proprio editore. E questa la chiamano libertà di stampa?
Il caso Rai: un’analisi più approfondita
La questione delle pressioni politiche sulla Rai non è certo nuova. Da decenni, la televisione pubblica italiana è al centro di controversie che riguardano la sua indipendenza editoriale. Tuttavia, l’accusa che viene mossa oggi sembra ignorare un passato recente in cui la Rai è stata gestita senza alcun rappresentante dell’opposizione. Questo solleva dubbi sulla coerenza e l’obiettività dei critici attuali.
Le pressioni politiche, infatti, non sono un’esclusiva di un singolo partito o di un particolare governo. Sono, piuttosto, una caratteristica endemica di un sistema in cui la gestione dei media pubblici è strettamente legata alla politica. In questo contesto, la critica dovrebbe essere più equilibrata e riconoscere che la soluzione non è semplice né univoca.
La vendita dell’AGI: pubblico o privato?
La possibile vendita dell’AGI a un senatore della Lega, Angelucci, è un altro punto caldo del dibattito sulla libertà di stampa. La domanda centrale è se sia preferibile che un’agenzia di stampa sia controllata dallo Stato attraverso una compagnia come l’Eni, o da un privato cittadino che, per quanto politico, agisce in veste privata.
Questa questione mette in luce una contraddizione intrinseca nelle argomentazioni di “Reporter senza Frontiere”. Da un lato, si critica l’influenza statale sui media, dall’altro si teme che un controllo privato possa essere altrettanto, se non più, problematico. Questo dualismo non fa che confondere ulteriormente un dibattito già complesso.
Gli interessi economici e la libertà di stampa
Infine, non si può ignorare il ruolo degli interessi economici nella definizione della libertà di stampa. Repubblica, ad esempio, è di proprietà della famiglia Elkann, che detiene enormi interessi economici in Italia. Questo solleva interrogativi sulla capacità del giornale di essere realmente indipendente nelle sue critiche e nelle sue inchieste.
Il caso delle 100mila copie mandate al macero perché urtavano la suscettibilità dell’editore è emblematico. Dimostra come anche i media che si presentano come paladini della libertà di stampa non siano esenti da pressioni interne che ne limitano l’indipendenza.
Un dibattito aperto e complesso
In conclusione, il dibattito sulla libertà di stampa in Italia è complesso e articolato. Richiede una riflessione profonda e una comprensione delle dinamiche politiche ed economiche che influenzano i media. Le accuse di “Reporter senza Frontiere” e le risposte di Repubblica non fanno che evidenziare la necessità di un’analisi più equilibrata e meno faziosa.
La libertà di stampa non può essere ridotta a un semplice slogan o a una battaglia tra fazioni. È un valore fondamentale che richiede impegno, trasparenza e, soprattutto, coerenza da parte di tutti gli attori coinvolti.