![Condizioni disumane nel carcere ungherese: il grido di aiuto di Ilaria Salis 1 20240201 114048](https://masainews.it/wp-content/uploads/2024/02/20240201-114048.webp)
Condizioni disumane per l’antifascista Ilaria Salis nel carcere ungherese
Da una cella di detenzione a Budapest emergono racconti di condizioni che molti definirebbero medievali. **Ilaria Salis**, antifascista italiana di 39 anni, detenuta con l’accusa di aggressione a due individui di estrema destra, ha descritto dettagli angoscianti della sua quotidianità in prigionia attraverso una lettera di 18 pagine inviata ai suoi avvocati, Eugenio Losco e Mauro Straini. Il documento, divulgato in esclusiva dal Tg La7 diretto da Enrico Mentana, raccoglie mesi di silenzio forzato, un periodo in cui alla Salis è stato proibito di parlare.
Una vita tra scarafaggi e privazioni
Le circostanze descritte dalla Salis sono agghiaccianti. Sequestrati i suoi effetti personali al momento dell’arresto, è stata costretta a indossare abiti “sporchi, malconci e puzzolenti” forniti dalla questura, oltre a stivali con tacchi a spillo non della sua taglia. Con questi indumenti, l’antifascista è stata lasciata per cinque settimane senza l’accesso a beni fondamentali come **carta igienica, sapone e assorbenti**, ottenuti solo grazie alla solidarietà di un’altra detenuta.
La sua missiva rivela che “per i primi tre mesi sono stata tormentata dalle punture delle **cimici da letto**” e che “nelle celle e nei corridoi è pieno di **scarafaggi**”, mentre all’esterno dell’edificio si aggirano **topi**. Una realtà che sembra distante anni luce da quella di qualsiasi centro di detenzione europeo del XXI secolo.
Salute e alimentazione in carcere
Ilaria Salis non ha risparmiato dettagli nemmeno sulla sua condizione di salute, segnalando preoccupazioni per un **nodulo al seno** che richiede controlli periodici. Nonostante un controllo eseguito a metà giugno, le è stato negato l’accesso al referto medico, che è stato consegnato esclusivamente al dottore del carcere. “Io non ho ricevuto nessun referto scritto”, ha dichiarato, sottolineando la mancata trasmissione di queste informazioni al suo legale.
Il vitto è un altro aspetto critico: la colazione consiste in una fetta di salume spesso in cattivo stato, mentre a pranzo si servono zuppe “molto acquose” in cui talvolta si trovano pezzi di carta, plastica, **capelli o peli**. Una testimonianza che potrebbe indurre a riflettere sulla qualità e sulla dignità dell’alimentazione fornita ai detenuti.
La vita in cella: isolamento e scarsa socialità
La vita in cella è scandita da un isolamento quasi totale: “si trascorrono 23 ore su 24 in cella **completamente chiusa**, c’è una sola ora d’aria al giorno e la socialità non esiste”, ha scritto Salis. Inoltre, le è stato negato l’accesso all’istruzione, poiché le comunicazioni avvengono esclusivamente in lingua ungherese, una lingua che lei non parla.
In queste condizioni estreme, anche la possibilità di comunicare con l’esterno diventa un raggio di luce. Roberto Salis, parente dell’attivista, ha descritto un miglioramento nel morale di Ilaria durante l’ultimo incontro, sottolineando come fosse più rilassata e “bella”, in particolare dopo gli eventi dell’udienza di lunedì.
Un appello per la giustizia e l’umanità
Questo grido di aiuto lanciato da Salis non soltanto mette in luce le sue personali vicissitudini, ma solleva interrogativi sul sistema carcerario ungherese e sulla sua aderenza agli standard europei in materia di diritti umani. La denuncia delle condizioni disumane in cui è stata tenuta mira a prevenire situazioni analoghe, in particolare per Gabriele Marchesi, suo coindagato, il quale rischia il trasferimento in Ungheria a seguito dell’esecuzione del mandato d’arresto europeo.
Le rivelazioni di Salis hanno suscitato indignazione e proteste, alimentando il dibattito sui diritti dei detenuti e sul rispetto della dignità umana all’interno delle strutture penitenziarie. La sua lettera, oltre a essere un documento di denuncia, si prefigura come un simbolo di resistenza contro le violazioni dei diritti fondamentali, in Ungheria e oltre.
Con il supporto dei suoi legali e dell’opinione pubblica internazionale, Salis continua a lottare per la giustizia e per un trattamento conforme agli standard umanitari che dovrebbero essere garantiti a tutti, indipendentemente dalle accuse che pendono su di loro. La sua esperienza mette in discussione i principi di umanità che dovrebbero guidare il sistema giudiziario e carcerario europeo, chiedendo un intervento immediato e misure concrete per assicurare che tali condizioni non si ripetano mai più.