Gruppo Do.Ra sfida il divieto comunale con un omaggio ai “camerata” nei cimiteri di Varese
Nella giornata simbolo della liberazione d’Italia, il 25 aprile, un episodio ha suscitato ampio dibattito a Varese. Il gruppo nazifascista Do.Ra, guidato da Alessandro Limido e con sede ad Azzate, ha proceduto con un omaggio controverso nei cimiteri della città, sfidando apertamente un divieto comunale. Con un’iniziativa che ha incluso saluti romani e lo sventolio di uno striscione inneggiante alla patria, i membri di questa comunità hanno voluto rendere omaggio a quello che il loro leader descrive come “i veri eroi”, riferendosi ai “camerata uccisi dal nemico mentre combattevano per la patria”.
Le parole di Limido risuonano con una forte eco: “Questi ragazzi sono morti per noi, per i nostri valori. Sento il peso della responsabilità: i nostri caduti sono gli eroi della patria. Per proteggerci hanno accettato il loro Olocausto”. Questa dichiarazione, fatta al cimitero di Belforte, ha sollevato non poche polemiche, soprattutto considerando la data scelta per tale manifestazione, simbolo della vittoria contro il nazifascismo.
La reazione delle autorità locali
L’amministrazione comunale di Varese, guidata dal sindaco Davide Galimberti, non ha tardato a reagire. Di fronte al mancato rispetto del divieto di effettuare manifestazioni all’interno dei cimiteri cittadini, le autorità hanno espresso la volontà di procedere legalmente. “Acquisiremo immagini e relazioni delle forze di polizia e provvederemo ad effettuare la denuncia per inosservanza dei provvedimenti amministrativi oltre che per altri eventuali reati”, hanno dichiarato dall’amministrazione. Il sindaco e il suo team si trovano ora di fronte alla sfida di rispondere a un gesto che ha evidenziato una frattura all’interno della comunità cittadina.
Il gruppo Do.Ra, nonostante il chiaro divieto, ha portato avanti il proprio programma, iniziando la loro commemorazione al cimitero di Ganna, per poi spostarsi a quello di Sant’Ambrogio di Varese. Qui, hanno trovato ad attenderli il familiare di un “camerata ucciso dai comunisti senza processo”, come riportato dai partecipanti. Questo gesto ha sottolineato la volontà del gruppo di procedere con le proprie azioni, indipendentemente dalle restrizioni imposte.
Un gesto che divide
La scelta di commemorare il 25 aprile in questo modo ha generato un’ampia gamma di reazioni. Da un lato, ci sono coloro che vedono in queste azioni un’espressione di libertà di pensiero e di commemorazione dei caduti secondo una prospettiva storica differente. Dall’altro, vi è una forte condanna per il tentativo di riscrivere la storia e minimizzare i valori della Resistenza e della lotta al fascismo che il 25 aprile rappresenta per l’Italia.
Il confronto tra queste due visioni evidenzia una divisione ancora presente nella società italiana, soprattutto in date così cariche di significato. Il rischio è che gesti come quello del gruppo Do.Ra possano non solo infrangere leggi e regolamenti ma anche riaprire vecchie ferite storiche, mettendo a dura prova il tessuto sociale di comunità come quella varesina.
La memoria storica a confronto
La memoria storica gioca un ruolo fondamentale in queste dinamiche. Da una parte, vi è il ricordo di chi ha combattuto per liberare l’Italia dal fascismo, dall’altra, esistono narrazioni che cercano di mantenere viva la memoria di coloro che, anche se dalla parte sbagliata della storia, hanno combattuto per quello in cui credevano. Il dibattito si intensifica quando questi due mondi si scontrano, soprattutto in occasioni pubbliche e simboliche come il 25 aprile.
Per molti, il gesto dei Do.Ra non è solo una questione di libertà di espressione ma tocca le corde sensibili dell’identità nazionale e del rispetto verso la storia e i valori fondanti della Repubblica Italiana. La sfida per la società italiana rimane quella di trovare un equilibrio tra la conservazione della memoria storica e la necessità di promuovere valori di inclusione, rispetto e dialogo tra diverse visioni del passato.
In questo contesto, le autorità locali e la comunità nel suo insieme sono chiamate a riflettere non solo sulle azioni legali da intraprendere ma anche sul significato più profondo di queste commemorazioni e sul modo in cui la storia viene raccontata e ricordata. L’episodio di Varese diventa così uno spunto per un confronto più ampio sulla memoria collettiva e sulle ferite ancora aperte nella società italiana.