La libertà di espressione al centro del dibattito: tra censura e doppio standard
In un’epoca in cui la libertà di espressione viene spesso invocata e altrettanto frequentemente messa in discussione, due episodi hanno acceso i riflettori su come questa libertà venga interpretata e applicata in maniera differente a seconda dei contesti e delle personalità coinvolte. Da una parte, il caso di Antonio Scurati, scrittore di fama, la cui partecipazione è stata impedita in un programma televisivo, suscitando polemiche e dibattiti sull’opportunità di limitare la libera espressione di pensiero. Dall’altra, la vicenda di Incoronata Boccia, vice direttrice del Tg1, che ha sollevato un vespaio di polemiche per le sue dichiarazioni sull’aborto, definendolo ‘un delitto, non un diritto’.
La controversia nasce dalla percezione di un doppio standard nella valutazione delle opinioni, che sembra oscillare non in base a un criterio di rispetto o educazione, quanto piuttosto in funzione dell’orientamento politico o ideologico dell’emittente. Scurati, con la sua affermazione non offensiva ma sicuramente provocatoria, ha ricevuto un’ampia solidarietà, specie da ambienti culturali e politici di sinistra, che hanno visto nella decisione di escluderlo da un programma una forma di censura inaccettabile.
Libertà di opinione o libertà di partigianeria?
Il concetto di libertà di opinione sembra, quindi, subire una torsione quando entra in gioco la sfera pubblica e mediatica. Mentre per Scurati si è levato un coro quasi unanime contro la censura, per Boccia si sono aperte le porte di un attacco senza esclusione di colpi, spesso trascendendo il confine del rispetto personale. Questo scenario pone in evidenza una frattura nel discorso pubblico: la libertà di espressione viene difesa e celebrata solo quando l’opinione espressa si allinea a determinati ideali o appartenenze, mentre diventa soggetta a critica e ostracismo quando diverge.
Il dibattito si amplia se si considera la reazione dei media e di alcuni settori dell’opinione pubblica alle dichiarazioni di figure istituzionali o religiose, come nel caso di Papa Francesco, il cui pensiero su temi sensibili viene interpretato in maniera selettiva, a seconda dell’utile politico o mediatico che può essere tratto in determinati contesti. Questa selettività evidenzia una problematica più ampia riguardante la coerenza nell’applicazione dei principi di libertà di pensiero e parola.
Una questione di coerenza
La questione si complica ulteriormente quando si osserva come la stessa sinistra, che tradizionalmente si fa paladina della libertà di espressione, sembra cadere in contraddizione quando le opinioni espresse non collimano con il proprio credo o agenda politica. Questo atteggiamento selettivo nei confronti della libertà di opinione solleva interrogativi sulla sincerità e sull’universalità di tale principio, mettendo in luce una sorta di ‘libertà di uso di opinione’, condizionata da fattori esterni all’opinione stessa.
Il dibattito su questi temi, quindi, non si esaurisce nella difesa della libertà di espressione di individui o gruppi specifici, ma si allarga a considerare la necessità di una sua applicazione equa e non partigiana. Nell’era dell’informazione e dei social media, dove ogni dichiarazione può diventare virale e ogni opinione è soggetta a scrutinio pubblico, la sfida è mantenere un equilibrio tra il diritto alla libera espressione e il rispetto delle diverse sensibilità, senza cadere nella trappola del doppio standard o della censura, che sia essa esplicita o implicita.
La riflessione si estende quindi ben oltre i casi specifici di Scurati e Boccia, toccando le fondamenta stesse su cui si costruisce il dibattito pubblico in una società democratica. Il rispetto per la libertà di opinione, lontano dall’essere un concetto astratto, si rivela un pilastro fondamentale per il mantenimento di un dialogo costruttivo e aperto, capace di accogliere la diversità di pensiero senza sfociare nell’ostracismo o nella polarizzazione.