Il caso Iuventa si chiude senza colpe: sette anni di indagini e 3 milioni di euro per un proscioglimento
Dopo un lungo iter giudiziario durato sette anni e costato oltre 3 milioni di euro, si conclude con un epilogo liberatorio per i dieci operatori delle ONG Jugend Rettet, Save The Children e Medici Senza Frontiere. Questi ultimi, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nel cosiddetto caso Iuventa, sono stati integralmente prosciolti con la formula ‘perché il fatto non sussiste’, lasciando dietro di sé un’ombra lunga sulla gestione delle indagini e sulle accuse mosse.
Le origini di un’indagine controversa
Il nucleo dell’accusa si concentrava sull’operato delle tre organizzazioni umanitarie impegnate nei soccorsi in mare, con l’ipotesi di reato che non avessero semplicemente prestato soccorso ai profughi in difficoltà, ma agito come un ‘taxi’ per immigrati, facilitando indirettamente il lavoro dei trafficanti libici. Il caso prese il nome dalla nave Iuventa, appartenente all’ONG tedesca Jugend Rettet, e venne innescato da presunte rivelazioni fatte alla sicurezza privata della nave noleggiata da Save The Children, poi trasmesse agli inquirenti.
Accuse pesanti
e dettagli inquietanti emersero nel corso dell’indagine, con l’ipotesi che membri degli equipaggi avessero avuto contatti diretti con i trafficanti, partecipando a operazioni di trasbordo dei migranti in condizioni non di reale pericolo, per poi permettere agli scafisti di allontanarsi indisturbati. Queste operazioni furono descritte dagli inquirenti come aggravate da ‘gravi indizi di colpevolezza’, nelle parole dell’allora procuratore Ambrogio Cartosio.
Un processo diventato politico
Il processo ha assunto connotati sempre più politici, trasformandosi in una vera e propria crociata contro le ONG operanti nel Mediterraneo, accusate di complici dei trafficanti di esseri umani. Questa narrazione ha gravemente inficiato la percezione pubblica del lavoro umanitario in mare, portando a una demonizzazione delle organizzazioni coinvolte. Nonostante le pesanti accuse e gli anni di indagini, gli avvocati difensori hanno sempre sostenuto l’assenza di prove e la non dimostrabilità dei fatti contestati, richiedendo ripetutamente l’archiviazione del caso.
La rovina della nave Iuventa e la gioia per il proscioglimento
Nel frattempo, la nave Iuventa è stata tenuta sotto sequestro, andando incontro a un inevitabile degrado. La responsabilità della sua riparazione ricadrà ora sul custode giudiziario, in seguito alla decisione del giudice per le indagini preliminari che ha accolto con favore la richiesta di proscioglimento. La sentenza è stata accolta con manifestazioni di gioia e sollievo da parte di decine di operatori umanitari e cittadini radunati davanti al palazzo di giustizia, segnando un momento di significativa vittoria per il mondo dell’assistenza umanitaria in mare.
Alessandro Gamberini
, legale della ONG Jugend Rettet, ha sottolineato l’importanza della formula assolutoria, che non solo esclude la colpevolezza ma nega l’esistenza stessa del reato. Questa decisione rappresenta un importante precedente nel riconoscere la legittimità e la necessità delle operazioni di soccorso in mare, spesso messe in discussione da una retorica politica e mediatica ostile.
Le reazioni delle ONG
Le organizzazioni coinvolte hanno espresso grande soddisfazione per l’esito del processo. Save The Children, per voce della sua portavoce Rafaela Milano, ha parlato di ‘giustizia restituita al mondo dei soccorsi’, evidenziando come l’accusa sia crollata di fronte all’assenza di prove concrete. Anche Christos Christou, presidente internazionale di Medici Senza Frontiere, ha commentato il verdetto come una vittoria contro le ‘accuse infondate’ che per anni hanno cercato di infangare il lavoro delle navi umanitarie, ostacolando la loro missione di soccorso e denuncia nel Mediterraneo.
Questo epilogo, dopo anni di tensioni e di una lotta legale estenuante, non solo ripristina l’onore delle ONG coinvolte ma invita a una riflessione più ampia sul ruolo dell’assistenza umanitaria in contesti di crisi, sull’importanza del salvataggio in mare come dovere inalienabile e sulla necessità di proteggere chi si trova in situazione di vulnerabilità, al di là di ogni accusa politicamente motivata.