La riforma delle intercettazioni: un nuovo limite di 45 giorni
La Commissione Giustizia del Senato ha dato il primo via libera a una proposta di legge che potrebbe cambiare le regole del gioco per quanto riguarda le intercettazioni in Italia. Il disegno di legge, a prima firma di Pierantonio Zanettin (Forza Italia) e successivamente modificato da un emendamento dell’ex ministra leghista Erika Stefani, mira a introdurre un limite di 45 giorni per la durata delle intercettazioni, con la possibilità di proroga solo in casi eccezionali e ben motivati.
Finora, il codice di procedura penale permetteva proroghe successive di 15 giorni senza un limite massimo, purché autorizzate dal giudice per le indagini preliminari su richiesta del pubblico ministero. La nuova normativa proposta, invece, stabilisce che le operazioni di intercettazione non possano “avere una durata complessiva superiore a 45 giorni”, salvo che emergano “elementi specifici e concreti” che ne giustifichino la necessità oltre tale termine.
Eccezioni e critiche alla riforma
Una versione successiva dell’emendamento Stefani ha introdotto un’eccezione per i reati di criminalità organizzata, per i quali si mantiene la possibilità di prorogare le intercettazioni oltre i 45 giorni, in presenza di “sufficienti indizi”. Questa modifica ha in parte placato le preoccupazioni di chi temeva un impatto negativo sulle indagini relative ai reati più gravi.
Tuttavia, la riforma ha suscitato critiche da più parti. Il senatore del Movimento 5 Stelle Roberto Scarpinato, ex magistrato antimafia, ha espresso un giudizio severo, definendola un passo verso “lo smantellamento del principale strumento investigativo”. Secondo Scarpinato, limitare a soli 45 giorni il tempo delle intercettazioni per reati gravi, compresa la violenza sulle donne e gli omicidi, equivale a garantire impunità ai “colletti bianchi”, sacrificando la difesa dei cittadini dalle forme più pericolose di criminalità.
Le reazioni delle forze politiche
Il M5s ha votato contro la proposta, mentre Pd e Alleanza Verdi e Sinistra hanno optato per l’astensione. Alfredo Bazoli, capogruppo dem in Commissione, ha sottolineato che l’emendamento di Erika Stefani ha recepito solo in parte le loro richieste e non esclude un voto contrario in Aula, criticando il provvedimento per essere “incompleto e scritto male”.
Da parte sua, Forza Italia celebra questo passo come il completamento del quadro di riforma delle intercettazioni a cui il partito aspirava. Pierantonio Zanettin ha ricordato i precedenti provvedimenti restrittivi, compreso il divieto delle intercettazioni tra avvocato e cliente e la disciplina per il sequestro degli smartphone, come tappe di un percorso coerente volto a riformare in profondità il sistema delle intercettazioni in Italia.
Il cammino verso l’Aula
Il disegno di legge ora dovrà affrontare il dibattito in Aula, dove le differenti visioni dei partiti e le eventuali critiche potranno ulteriormente modellare la sua forma finale. Francesco Paolo Sisto, viceministro azzurro alla Giustizia, ha fatto appello alla maggioranza affinché i provvedimenti diventino legge, completando così la riforma delle intercettazioni voluta da Forza Italia.
La riforma delle intercettazioni si inserisce in un contesto di dibattito più ampio sul bilanciamento tra esigenze investigative e protezione della privacy. Con la sua approvazione in Commissione Giustizia, si apre una nuova fase di discussioni che vedrà protagonisti non solo i legislatori ma anche l’opinione pubblica, attenta alle implicazioni che tali cambiamenti potrebbero avere sulla capacità dello Stato di perseguire efficacemente il crimine, senza però trascurare i diritti fondamentali dei cittadini.