![Scandalo a Roma: arrestato il presidente di 'Dhuumcatu' per sequestro estorsivo 1 20240412 082644](https://masainews.it/wp-content/uploads/2024/04/20240412-082644.webp)
Operazione antisequestro a Roma: arrestato il presidente di ‘Dhuumcatu’
Nel cuore della Capitale si è conclusa un’operazione di polizia che ha portato all’arresto di Nure Alam Siddique, noto come ‘Bachcu’, presidente dell’associazione ‘Dhuumcatu’, impegnata nell’assistenza agli immigrati. Siddique, 58 anni, di origine bengalese, è stato colpito da un ordine di custodia cautelare in carcere, accusato di un sequestro a scopo estorsivo nei confronti di un connazionale trentaquattrenne, per una vicenda legata a un debito non saldato.
La vittima, rapita mentre si trovava in un ristorante in compagnia della moglie incinta, è stata poi trasportata con la forza in un hotel a Carsoli, in provincia dell’Aquila. La prontezza della donna, che ha sporto denuncia, ha permesso agli agenti della squadra mobile e del commissariato di Avezzano di intervenire tempestivamente, liberando il sequestrato e arrestando i suoi aguzzini.
Dettagli dell’indagine che ha scosso Torpignattara
Le indagini, avviate a seguito della denuncia della vittima, hanno visto la collaborazione dei carabinieri della stazione di Torpignattara, del nucleo operativo della compagnia Casilina e degli agenti del commissariato Viminale, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Roma. Queste hanno portato alla luce una realtà inquietante, dove il prestito di 7.000 euro concesso nel 2021 dalla vittima a Siddique, era lievitato a 100.000 euro a causa degli interessi non pagati.
La vicenda si è aggravata a gennaio 2022, quando il trentaquattrenne è stato prelevato e portato davanti a Siddique, che, pretendendo il pagamento del debito, lo ha aggredito. Nonostante una parziale restituzione del debito, il giovane è stato nuovamente rapito, sottolineando la ferocia dei suoi aguzzini, guidati da Siddique, nelle richieste di denaro.
Le minacce di morte e le richieste estorsive
Le indagini hanno rivelato che durante il trasporto della vittima verso l’Abruzzo, Siddique ha minacciato di morte il sequestrato, esigendo un riscatto di 200.000 euro, somma che avrebbe dovuto essere ottenuta dalla vendita di un appartamento di proprietà della vittima a Dhaka. Queste minacce, pronunciate in viva voce al telefono, sono state ascoltate direttamente dalla vittima, legata e imbavagliata nel corso del viaggio.
La posizione degli altri indagati
Alam Shah, considerato l’autore materiale del sequestro e presente nell’hotel di Carsoli, e Sayem Khandakar, che guidava il veicolo utilizzato per il rapimento, sono stati sottoposti all’obbligo di firma. Per gli altri cinque coinvolti, nessuna misura cautelare è stata al momento imposta, anche se dovranno rispondere davanti alla giustizia per sequestro di persona a scopo estorsivo in concorso e lesioni personali.
Le reazioni della comunità e il processo
La comunità di Torpignattara è rimasta scossa da queste rivelazioni, soprattutto perché Siddique era una figura nota e apparentemente impegnata in attività sociali. La denuncia della vittima ha permesso di smascherare le attività illecite di questa organizzazione, che per oltre un decennio si è occupata di prestiti a usura, traffico di sostanze stupefacenti e truffe legate all’acquisto di terreni per la sepoltura nella comunità musulmana, senza mai realizzarli.
Il processo che seguirà si annuncia complesso e sarà seguito con attenzione dalla comunità e dai media, data la gravità delle accuse e l’importanza di garantire giustizia alla vittima e di ripristinare la legalità in un quartiere già provato da dinamiche sociali complesse.