Carlo Rovelli: “La scienza non può ignorare l’etica e la politica”
In un contesto globale segnato da tensioni e conflitti, le parole del fisico Carlo Rovelli risuonano come un monito alla comunità scientifica internazionale. Il dibattito sulla responsabilità etica e politica della ricerca scientifica, soprattutto quando essa può avere applicazioni duali, civili e militari, è di estrema attualità. Rovelli, intervenendo a sostegno degli studenti e ricercatori che chiedono una pausa nelle collaborazioni con Israele per progetti a uso duale, riporta l’attenzione su un tema tanto antico quanto mai risolto: il rapporto tra scienza e potere.
La posizione di Rovelli è chiara: “Spero proprio di no”, afferma quando gli viene chiesto se sia possibile una scienza libera da implicazioni etiche e politiche. La sua risposta sottolinea l’impossibilità per la ricerca scientifica di rimanere neutrale in contesti di conflitto e tensione politica. Il fisico, attualmente nel New Mexico, non esita a criticare le visioni troppo distaccate che vorrebbero la scienza immune dalle dinamiche del mondo circostante.
Il mondo scientifico e le sue responsabilità
La risposta di Rovelli alla ministra Bernini, che descrive la ricerca scientifica come un dialogo aperto anche tra democrazie e dittature, è emblematica. “La ministra è favorevole a condividere la ricerca militare Italiana con l’Iran?”, chiede retoricamente Rovelli, mettendo in luce le incongruenze di una politica scientifica che non tiene conto delle implicazioni etiche delle sue scelte. La collaborazione internazionale in campo scientifico, per Rovelli, non può prescindere da una valutazione critica delle realtà politiche e sociali dei paesi coinvolti.
Il dibattito sull’opportunità di mantenere collaborazioni con il governo israeliano in questo momento storico non è un’esclusività italiana. Rovelli sottolinea che discussioni simili si tengono in diversi paesi, evidenziando una crescente consapevolezza della comunità scientifica internazionale riguardo le proprie responsabilità sociali e politiche. La solidarietà con il popolo israeliano e l’amore per il mondo ebraico, secondo Rovelli, non dovrebbero impedire di prendere posizione contro le azioni ritenute ingiuste.
Il fine politico dietro l’accusa di antisemitismo
Un punto cruciale sollevato da Rovelli riguarda l’uso dell’accusa di antisemitismo come strumento politico. “La clava dell’accusa di antisemitismo viene brandita a ogni piè sospinto dal governo israeliano contro chiunque lo critichi”, afferma il fisico, sottolineando come questo atteggiamento sia controproducente e pericoloso, poiché trasforma questioni politiche ed etiche in questioni di razza e religione, alimentando così il razzismo e l’antisemitismo stesso.
La discussione sulle collaborazioni tra il mondo accademico e l’industria militare, sia in Israele che in Italia, solleva interrogativi profondi sul ruolo della scienza nella società contemporanea. Rovelli critica la crescente collaborazione tra università, enti di ricerca e l’industria militare italiana, evidenziando il rischio che la ricerca scientifica venga sfruttata per fini bellici, a discapito dell’etica e della responsabilità sociale.
La tecnologia AI e il conflitto israelo-palestinese
L’uso dell’intelligenza artificiale nel conflitto israelo-palestinese, come rivelato da un’inchiesta giornalistica e ripreso dal manifesto, non sorprende Rovelli. “No, sarebbe strano non la utilizzasse”, risponde il fisico, minimizzando l’aspetto tecnologico della questione per riportare l’attenzione sulle implicazioni umane e politiche del conflitto. La sua preoccupazione principale rimane l’impatto devastante sulla popolazione civile e l’urgenza di una soluzione politica che ponga fine al ciclo di violenza.
La posizione di Rovelli è un invito alla comunità scientifica internazionale a riflettere sul proprio ruolo in contesti di conflitto e ingiustizia. La scienza, con il suo potenziale di cambiamento e innovazione, deve confrontarsi con le proprie responsabilità etiche e politiche, scegliendo di non restare neutrale di fronte alle grandi sfide del nostro tempo. La ricerca di una soluzione pacifica e giusta per tutti i popoli coinvolti nel conflitto israelo-palestinese, così come in altri contesti di tensione globale, richiede un impegno collettivo che vada oltre gli interessi nazionali e settoriali, abbracciando una visione di solidarietà e responsabilità condivisa.