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Il caso Russo a Palermo: tra politica, mafia e promesse elettorali
Palermo si trova nuovamente al centro di un’indagine che lega il mondo della politica a quello della mafia. Mimmo Russo, ex capogruppo di Fratelli d’Italia nel Consiglio comunale della città, è stato arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico-mafioso. Le indagini, coordinate dalla Procura di Palermo e condotte dai Carabinieri, hanno portato alla luce un intricato sistema di rapporti tra esponenti di Cosa nostra e l’amministrazione locale, in carica sino al giugno del 2022.
Secondo quanto emerso, Russo avrebbe comprato i voti di Cosa nostra con denaro, buoni benzina e promesse di lavoro, mettendo a disposizione il proprio sindacato per favorire l’affidamento in prova ai boss detenuti. Tra le figure chiave di questa rete, emerge il nome di Gregorio Marchese, figlio di Filippo Marchese, noto killer dei corleonesi, e di Achille Andò, consulente d’azienda, entrambi posti agli arresti domiciliari.
Le promesse elettorali e l’influenza mafiosa
Le accuse mosse contro Russo delineano un quadro preoccupante di intrecci tra politica e criminalità organizzata. Il consigliere, in cambio dei voti, avrebbe promesso posti di lavoro presso cooperative e supermercati, facendo leva sulle esigenze di un elettorato bisognoso. Tra le persone che avrebbero trovato lavoro grazie a queste promesse ci sono l’amante del boss di Brancaccio e la nuora di un capomafia ergastolano, un chiaro segno della profondità dei legami tra Russo e l’ambiente mafioso.
Il coinvolgimento di Gregorio Marchese, descritto come una ‘costola di Russo’, e le sue attività volte a garantire assunzioni in cambio di voti, rafforzano ulteriormente l’ipotesi di un accordo sottobanco tra la mafia e l’amministratore locale. Queste dinamiche suggeriscono una reciproca convenienza che va ben oltre il semplice scambio elettorale, toccando aspetti più profondi della gestione del potere e dell’influenza territoriale.
La voce dei pentiti e le dichiarazioni incriminanti
Elemento chiave dell’inchiesta sono le testimonianze di una decina di pentiti di Cosa nostra, che hanno descritto dettagliatamente il meccanismo di acquisto dei voti orchestrato da Russo. I racconti dei collaboratori di giustizia dipingono un quadro in cui il consigliere si adoperava attivamente per soddisfare le richieste di lavoro in cambio di supporto elettorale, una prassi che sembrava radicata e accettata all’interno di alcuni quartieri di Palermo.
Le dichiarazioni dei pentiti rivelano inoltre che Russo non si limitava a promettere posti di lavoro ma offriva anche il suo Caf per agevolare l’affidamento in prova ai mafiosi. Questo servizio, descritto da uno dei pentiti come una vera e propria ‘disponibilità di famiglia’, mette in luce un livello di complicità e integrazione tra l’esponente politico e l’ambiente mafioso che va oltre le semplici promesse elettorali.
La reazione di Fratelli d’Italia e le implicazioni politiche
L’arresto di Mimmo Russo rappresenta un duro colpo per Fratelli d’Italia, partito di cui era esponente di spicco a Palermo. Russo, primo consigliere del partito eletto a Palazzo delle Aquile, aveva aderito alla formazione guidata da Giorgia Meloni nel 2017, diventando un punto di riferimento per l’area palermitana. La sua vicenda giudiziaria solleva interrogativi sulle possibili infiltrazioni mafiose all’interno delle istituzioni locali, un tema che ha già scosso altre realtà regionali in Italia.
Il caso Russo, insieme ad altre inchieste simili in regioni come la Puglia e il Piemonte, sottolinea la necessità di una maggiore vigilanza su possibili legami tra politica e organizzazioni criminali. La questione tocca da vicino la credibilità e l’integrità dei partiti politici, chiamati a fare i conti con la presenza, al loro interno, di figure legate a pratiche illegali e a dinamiche di potere inaccettabili in uno stato di diritto.
Questo scenario richiede una riflessione profonda sul ruolo della politica e sulle misure necessarie per garantire trasparenza e legalità, in un contesto in cui la lotta alla mafia si conferma uno degli impegni fondamentali per la democrazia e per lo sviluppo sociale ed economico del Paese. La vicenda di Mimmo Russo, con tutte le sue implicazioni, rappresenta un monito a non abbassare la guardia, sottolineando l’importanza di un impegno condiviso contro ogni forma di criminalità organizzata.