Papa Francesco ha recentemente operato una scelta radicale all’interno della diocesi di Roma, decidendo la rimozione del suo vicario, il cardinale Angelo De Donatis, e del vescovo ausiliare Daniele Libanori, gesuita, in un contesto di evidente tensione e contrasto tra i due. Questa decisione non solo sorprende per la sua immediatezza ma anche per il contesto di lunga disputa in cui si inserisce, evidenziando una strategia di risoluzione dei conflitti interni alla Chiesa che sembra orientarsi verso la promozione ad altri incarichi come forma di allontanamento.
La decisione di Papa Francesco
Il bollettino della sala stampa vaticana ha annunciato sabato 6 aprile che il cardinale De Donatis è stato nominato nuovo penitenziere maggiore del Vaticano, prendendo il posto del cardinale Mauro Piacenza, dimissionato qualche mese prima del previsto. Allo stesso tempo, Libanori è stato nominato assessore personale del Papa per la vita consacrata, un incarico mai esistito prima, creato ad hoc per lui. Questo incarico gli affiderà la responsabilità di occuparsi di tutti gli istituti di vita consacrata, segnando un netto cambio di direzione nella sua carriera ecclesiastica.
Contrasti e controversie
La dinamica che ha portato a questa decisione affonda le sue radici in una serie di contrasti tra De Donatis e Libanori, aggravatisi in particolare attorno alla figura dell’artista gesuita Marko Rupnik, accusato di molestie e violenza sessuale. La disputa ha avuto momenti di elevata tensione, culminati nell’intervento diretto di Papa Francesco che, inaspettatamente, ha assunto una posizione differente rispetto alle aspettative, promuovendo la rimozione di entrambi i contendenti.
Il caso Rupnik è emblematico di come le dinamiche interne alla Chiesa possano influenzare le carriere ecclesiastiche e le decisioni di governo della diocesi di Roma. Nonostante fosse uno dei grandi accusatori di Rupnik, Libanori ha visto il suo ruolo ridimensionarsi, mentre De Donatis, pur avendo difeso l’artista gesuita, si è trovato anch’egli allontanato dal vicariato di Roma. Questo episodio rivela una complessità di giudizi e di relazioni all’interno della Curia Romana che va ben oltre il caso specifico, toccando il cuore della gestione del potere e dell’autorità papale.
Il futuro della diocesi di Roma
La rimozione di De Donatis e Libanori lascia aperte diverse questioni riguardo il futuro della diocesi di Roma. Attualmente, la sede vescovile è priva di un vicario del Papa, una situazione inusuale che potrebbe preludere a una riorganizzazione più ampia. Alcuni nomi già circolano come possibili successori, tra cui l’ex vescovo ausiliare di Roma e attuale vescovo di Siena, Paolo Lojudice, e il cardinale Matteo Zuppi, vescovo di Bologna e presidente della CEI. Tuttavia, non è escluso che Papa Francesco possa decidere di non nominare alcun vicario, preferendo affidarsi a un vescovo ausiliare di fiducia.
La scelta di rimuovere De Donatis e Libanori ha suscitato sorpresa e interesse nei circoli ecclesiastici, rivelando una volta di più la determinazione di Papa Francesco nel gestire le dinamiche interne alla Chiesa con decisioni inaspettate e talvolta radicali. Questo atto di “decapitazione” della diocesi di Roma non solo risolve un lungo periodo di tensione ma segnala anche la volontà del Pontefice di imprimere una direzione chiara e decisa alla guida della Chiesa, senza esitazioni né compromessi.
La rimozione di figure così centrali rispecchia un approccio di governo che privilegia l’unità e la coerenza di visione all’interno della Curia, anche a costo di decisioni improvvise e di ampio respiro. Con questi cambiamenti, Papa Francesco sembra voler riaffermare il proprio ruolo di guida spirituale e amministrativa, pronto a intervenire direttamente per assicurare che la Chiesa rifletta i valori e gli ideali che intende promuovere. La diocesi di Roma, cuore pulsante della cristianità, si appresta dunque a vivere una nuova fase della sua storia, sotto la guida determinata e attenta di Papa Francesco, che continua a sorprendere e a guidare la Chiesa con decisioni coraggiose e significative.