La tragica fine di Lello Capriati: tra legami di sangue e faide di mafia
La morte di Raffaele (Lello) Capriati, ucciso a Bari in un agguato che ha riacceso i riflettori sulla faida tra clan mafiosi, segna un altro capitolo oscuro nella storia di violenza che percorre le strade della città. Capriati, nipote del noto boss e figura di spicco tra le fila della criminalità organizzata barese, è stato assassinato a freddo il 21 novembre 2023, in un contesto di tensioni e regolamenti di conti che da decenni insanguinano il capoluogo pugliese.
Tornato a Bari Vecchia dopo 17 anni di detenzione, la sua liberazione era stata accolta con fuochi d’artificio, un chiaro segno del potere e del rispetto che ancora manteneva all’interno della comunità. Arrestato nel 2005 a soli 22 anni per l’omicidio di Michele Fazio, una vittima innocente colpita per errore in una faida tra clan, la sua storia si è tragicamente chiusa replicando il destino di suo fratello Mimmo, anch’egli assassinato nel 2018.
Una vita segnata dalla mafia
La vicenda di Lello Capriati è emblematica della trama di violenza e vendetta che caratterizza la mafia barese. L’omicidio di Michele Fazio, nel lontano 2001, fu un errore tragico che costò la vita a un innocente, segnando per sempre la vita di Capriati. La faida tra i clan Capriati e Strisciuglio, infatti, vedeva in Lello una delle figure chiave, coinvolto direttamente nell’agguato che mirava a colpire un esponente del clan rivale. Questa dinamica di alleanze e tradimenti, di colpi e contraccolpi, ha tenuto la città in una morsa di paura per anni.
La sua scarcerazione, avvenuta nell’estate del 2022, aveva destato attenzioni e speranze per una possibile pacificazione, vanificate però dalla sua uccisione. Il gesto di accoglienza dei fuochi d’artificio a Bari Vecchia testimoniava il legame indissolubile tra Capriati e il suo territorio, un legame fatto di potere, paura e rispetto.
Un destino familiare di violenza
Il parallelo con la morte di suo fratello Mimmo, ucciso nel 2018 poco dopo essere stato rilasciato dal carcere, evidenzia una tragica costante nel destino della famiglia Capriati. Le indagini sull’omicidio di Mimmo portarono all’arresto di tre persone, tra cui un ex fedelissimo del clan, segno di un tradimento interno che riflette la complessità e la brutalità delle dinamiche mafiose. Questi eventi pongono l’accento sulla pericolosità e sull’imprevedibilità delle lotte di potere all’interno della stessa organizzazione criminale.
La reazione della famiglia e della comunità alla morte di Lello, con i messaggi dei figli sui social che esprimono dolore e incredulità, mette in luce il profondo strappo che la violenza mafiosa provoca nel tessuto sociale e familiare. ‘Fai buon viaggio’, scrive il figlio maggiore, mentre il minore si lamenta della breve conoscenza con il padre, a dimostrazione di come la criminalità eroda non solo le vite delle sue vittime dirette ma anche quelle dei familiari.
Il ciclo ininterrotto di violenza
La morte di Lello Capriati non è solo il tragico epilogo di una vita trascorsa nell’ombra della criminalità, ma anche un monito sul difficile percorso di pacificazione che la città di Bari e le sue istituzioni devono ancora affrontare. La violenza mafiosa lascia dietro di sé un solco profondo di dolore e vendette, un circolo vizioso che sembra non trovare fine. L’uccisione di Capriati rinnova il dibattito sulla necessità di rafforzare le strategie di contrasto alla mafia, non solo attraverso la repressione ma anche mediante il sostegno alle comunità e alle famiglie vittime di questo flagello.
Il ricordo di Lello Capriati, con il suo carico di ambizioni criminali e legami familiari, diventa quindi un simbolo di un passato che continua a tormentare il presente. La sua storia, insieme a quelle di tanti altri, rappresenta una ferita aperta nella società italiana, un promemoria doloroso della lunga lotta contro la mafia che non può e non deve essere dimenticata. La speranza è che la memoria di queste tragedie possa essere il fondamento su cui costruire un futuro di pace e legalità.