“Non Una di Meno” e la controversia sul corteo escludendo le israeliane
Non Una di Meno, l’associazione che da anni si batte per i diritti delle donne, si trova al centro di una controversia riguardante la partecipazione delle donne israeliane al corteo previsto per l’8 marzo. La decisione di escludere le donne provenienti da Israele ha scatenato reazioni contrastanti, evidenziando una profonda divisione sul tema della solidarietà e della sensibilizzazione verso il popolo palestinese.
Le posizioni contrastanti sulla partecipazione al corteo
La presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, ha espresso apertamente la sua critica riguardo alla selezione dei partecipanti al corteo, affermando che “il corteo non è assolutamente aperto a tutte”. Di Segni ha sottolineato che la scelta di escludere le donne israeliane riflette una posizione politica che ignora il dolore e l’orrore vissuti da tutte le donne, indipendentemente dalla loro provenienza. Inoltre, ha evidenziato la mancanza di attenzione verso eventi tragici passati, come quanto accaduto il 7 ottobre, sottolineando la gravità di questa dimenticanza e definendola come un atto di antisemitismo.
La critica si estende anche ad altre figure di spicco, come Tamar Pitch e Gloria Arbib, che hanno evidenziato la mancanza di equilibrio nel discorso di solidarietà, puntando il dito sulle violenze subite dalle donne israeliane senza ricevere la dovuta attenzione da parte di coloro che si schierano a favore del popolo palestinese. Questa mancanza di equilibrio e di attenzione alla complessità della situazione ha generato aspre polemiche e divisioni all’interno del contesto femminista e di difesa dei diritti umani.
La difesa della posizione di “Non Una di Meno”
Dall’altra parte, l’associazione “Non Una Di Meno” ha difeso la sua decisione di escludere le donne israeliane, sottolineando che la solidarietà si estende a tutte le donne, comprese quelle israeliane che sono state vittime di aggressioni e violenze. La citazione della Palestina durante la manifestazione è stata giustificata come un atto di sensibilizzazione verso un conflitto in corso che coinvolge anche le donne in situazioni di grave pericolo e oppressione. L’associazione ha ribadito il proprio impegno contro il patriarcato e la violenza di genere, sottolineando che la lotta si estende a tutte coloro che si oppongono a queste forme di oppressione, indipendentemente dalla loro nazionalità.
La controversia rimane aperta e evidenzia la complessità dei rapporti internazionali e delle questioni politiche che si intrecciano con la difesa dei diritti umani e delle donne. La necessità di un dialogo costruttivo e inclusivo appare sempre più urgente per affrontare questioni delicate come il conflitto israelo-palestinese senza trascurare la sofferenza e le violenze subite da entrambe le parti coinvolte.