Il Maxi-Processo contro le Ong nel Mediterraneo Centrale
Il processo che ha segnato una svolta nei soccorsi in mare ha visto ieri il procuratore aggiunto Maurizio Agnello chiedere il proscioglimento, affermando che ‘il fatto non costituisce reato’. Questo procedimento, iniziato otto anni fa, riguarda il soccorso civile nel Mediterraneo centrale, coinvolgendo diverse organizzazioni umanitarie. L’udienza preliminare a Trapani, della durata straordinaria di due anni, si concentra sulle modalità con cui sono stati soccorsi migliaia di naufraghi fuggiti dalla Libia tra il 2016 e il 2017.
Le accuse principali riguardano il ‘favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina’, con pene che possono arrivare fino a 20 anni di reclusione. Tra gli imputati figurano sia singoli professionisti del mare che organizzazioni come Msf e Save The Children, oltre alla società armatrice Vroon Offshore Services. Nonostante un fascicolo di trentamila pagine, l’accusa non è riuscita a dimostrare la presunta collaborazione tra le organizzazioni umanitarie e i trafficanti libici.
Le Indagini e le Accuse Contestate
Il procedimento penale 4060/2016 si basa su suggestioni più che su prove concrete. L’ex poliziotto Pietro Gallo, alla base dell’indagine, ha descritto il Mediterraneo come un luogo dove ‘la merda bolliva’, ma le prove di collusione sono mancate. Interessanti sono le intercettazioni telefoniche, come quella tra un indagato e il suo difensore, e la sorveglianza della giornalista Nancy Porsia. Le accuse si sono concentrate sul presunto coinvolgimento delle Ong nel traffico di persone, armi e petrolio gestito dalle milizie libiche.
La politica e le Ong nel mirino: il periodo di dibattito politico intenso è stato caratterizzato da proposte come un ‘codice di condotta’ per regolare le attività delle organizzazioni umanitarie. Il tentativo di Minniti di coordinare i soccorsi con una guardia costiera libica nascente ha diviso le Ong. Alcune erano disposte a collaborare, altre no. Le discussioni, intercettate dagli inquirenti, hanno contribuito a creare distinzioni tra Ong considerate ‘buone’ e ‘cattive’, tra chi agiva per spirito umanitario e chi per presunti interessi oscuri.
L’epilogo dell’inchiesta ha portato al sequestro della nave Iuventa e all’abbandono delle operazioni nel Mediterraneo da parte di Save the Children. Nonostante le voci su presunti piani per destabilizzare l’economia italiana e le accuse di contatti con trafficanti da parte delle Ong, le prove tangibili sono mancate. L’inchiesta di Trapani ha influenzato le carriere dei protagonisti, ma il futuro delle organizzazioni umanitarie coinvolte e dei soccorritori resta incerto, in attesa delle decisioni dei tribunali divisi in diversi procedimenti.