Rigopiano, la sentenza d’appello: 8 condanne confermate
Rigopiano, il tragico disastro dell’hotel travolto da una valanga il 18 gennaio 2017, ha visto la Corte d’appello dell’Aquila pronunciare una sentenza che conferma 8 condanne significative. Tra queste, spicca la condanna dell’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, precedentemente assolto in primo grado. Oltre a Provolo, sono state confermate le condanne per altre figure coinvolte nel caso, tra cui il sindaco di Farindola e dirigenti locali.
Le reazioni alla sentenza: la voce dei familiari delle vittime
Le reazioni alla sentenza non si sono fatte attendere, e tra i familiari delle vittime emerge una miscela di sentimenti contrastanti. Alessandro Di Michelangelo, fratello di una vittima, esprime un senso di parziale soddisfazione: “Una sentenza che ripaga, seppur in parte, la delusione di quella di primo grado. Certo, non ci sono vincitori né vinti, ma si intravede la luce della verità.”
Alessio Feniello, padre di Stefano, una delle vittime, manifesta un senso di insoddisfazione per quanto emerso: “Ci aspettavamo di più. La condanna della Regione e della Provincia. Non penso che sia una cosa normale tirare dentro un tecnico comunale e l’ex prefetto per depistaggio.” La mancanza di riconoscimento delle responsabilità maggiori lo lascia amareggiato.
Il percorso processuale e le richieste della procura
Il processo legato alla tragedia di Rigopiano ha attraversato varie fasi, con la procura di Pescara che ha presentato ricorsi contro l’assoluzione di numerosi imputati. In primo grado, diverse condanne furono emesse, coinvolgendo figure chiave come il sindaco di Farindola e dirigenti provinciali. Tuttavia, molti imputati furono assolti, tra cui l’ex prefetto, per il quale era stata richiesta una condanna di 12 anni.
L’articolato impianto accusatorio evidenziava responsabilità diffuse su diversi fronti, dall’autorizzazione dei permessi di costruzione dell’albergo alla gestione dell’emergenza durante quei giorni critici. La gestione dei soccorsi e persino presunti atti di depistaggio facevano parte delle accuse. La sentenza d’appello ha finalmente delineato una serie di responsabilità, ma resta l’amarezza per molti che ritengono che le vere colpe non siano state debitamente punite.