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Le sfide dell’utilizzo dei vaccini anti-Covid in Europa
Report stasera su Rai 3 ha gettato luce sulle intricati dettagli riguardanti l’utilizzo dei vaccini anti-Covid in Europa. Con 4,2 miliardi di dosi acquistate, l’Europa si è impegnata in massicce operazioni, firmando contratti miliardari con aziende come Pfizer. In particolare, nel 2021, un contratto da 1,8 miliardi di dosi è stato siglato, evidenziando il senso di urgenza causato dalla minaccia del virus e delle sue varianti.
La situazione in Italia: dosi in eccesso e contratti con Big Pharma
L’Italia non è stata da meno, opzionando ben 381 milioni di dosi tra i vari produttori. Tuttavia, emerge che una significativa quantità di queste dosi rimane inutilizzata. Report ha messo in mostra dettagli riguardanti i contratti stipulati con le grandi aziende farmaceutiche e i negoziati condotti con la Commissione Europea, svelando un quadro complesso e articolato.
La scomparsa silenziosa del vaccino Astrazeneca e le sue implicazioni
Uno degli aspetti più controversi emersi dal reportage riguarda il destino del vaccino Astrazeneca. Dopo aver suscitato preoccupazioni per gli effetti avversi, il vaccino è gradualmente scomparso dai centri vaccinali in tutta Europa. L’Italia aveva acquistato 40 milioni di dosi, ma ne ha somministrate solo una frazione, mentre una grande parte di esse è scaduta. Questa situazione ha portato a donazioni a paesi a medio e basso reddito, sollevando interrogativi sulle responsabilità di tale scelta e sul futuro della multinazionale anglo-svedese.
Le conseguenze di queste vicende hanno portato a una riflessione più ampia sul ruolo delle assicurazioni nel settore sanitario. Molte di esse hanno deciso di investire in questo mercato, collaborando con i fondi e acquisendo ospedali privati. Questo scenario ha dato vita a una sanità parallela finanziata in parte dallo Stato, segnalando un cambiamento significativo nel sistema sanitario italiano.
L’industria del fast fashion: impatto ambientale e comportamenti dei consumatori
Al di fuori del settore sanitario, un altro settore che ha attirato l’attenzione di Report è l’industria del fast fashion. Con una produzione raddoppiata negli ultimi 20 anni, questa industria si basa su un modello di business incentrato su produzioni a basso costo e spedizioni rapide. La pandemia ha accelerato lo shopping online, ma ha anche evidenziato il problema del ciclo di vita ridotto degli indumenti.
Il fast fashion incoraggia l’acquisto impulsivo e lo smaltimento veloce dei capi, generando un’enorme quantità di rifiuti tessili. Report ha condotto un’indagine in collaborazione con Greenpeace sui resi di vestiti nell’industria del fast fashion, rivelando che migliaia di chilometri vengono percorsi senza che questi capi vengano riacquistati. Questo scenario solleva importanti questioni sull’impatto ambientale di tale settore e sui comportamenti dei consumatori che alimentano questo ciclo.