Salman Rushdie: “Coltello”, il racconto di una rinascita dopo l’aggressione
Il mondo letterario accoglie l’ultimo lavoro di Salman Rushdie, “Coltello. Meditazioni dopo un tentato assassinio“, un’opera che segna non solo il ritorno dell’autore, ma anche una profonda riflessione sulla vita, la morte e la forza della parola. Pubblicato da Mondadori e tradotto da Gianni Pannofino, il libro arriva in Italia raccontando l’esperienza traumatica vissuta da Rushdie nell’agosto del 2022, quando fu vittima di un brutale attacco che lo ha lasciato con gravi conseguenze fisiche.
Rushdie, scrittore di fama mondiale, ha affrontato una sfida personale nel decidere di narrare l’episodio dell’accoltellamento. “Scrivere un libro su questa esperienza era l’ultima cosa che avrei voluto fare”, ha confessato l’autore in una commovente intervista con “60 Minutes” di CBS, “ma poi è diventato chiaro che non avrei potuto scrivere altro“. Questa decisione ha portato alla creazione di un’opera che non solo racconta il drammatico evento e la sua convalescenza, ma si spinge oltre, indagando tematiche esistenziali profonde attraverso una conversazione immaginaria con il suo aggressore, identificato semplicemente come “l’A.”
Un passato di controversie e una nuova sfida
Nato in India nel 1947 e cresciuto in una famiglia musulmana laica, Rushdie ha vissuto gran parte della sua vita adulta sotto la minaccia della fatwa emessa nel 1989 per il suo romanzo “I versi satanici”, percepito come blasfemo da una parte del mondo islamico. L’autore, tuttavia, ha sempre rifiutato di essere definito da questa condanna, cercando di superare il peso di quell’episodio attraverso la scrittura e la vita pubblica. La tragica ironia dell’aggressione del 2022 è che è avvenuta in un contesto in cui Rushdie doveva parlare proprio dell’importanza di proteggere gli scrittori dai soprusi.
L’attacco ha rappresentato un paradossale ritorno alle questioni di libertà di espressione e alla lotta contro l’intolleranza, tematiche che hanno segnato gran parte della vita e della carriera di Rushdie. Nonostante gli anni trascorsi in relativa tranquillità a New York, l’aggressione ha riportato alla luce il persistente pericolo legato alla fatwa ancora in sospeso. Lo scrittore ricorda con amarezza i momenti dell’attacco, rivelando di aver pensato alla morte senza trovare alcuna epifania, se non la constatazione che “non c’è proprio alcuna rivelazione“.
La resilienza attraverso l’arte e la parola
Il processo di guarigione, sia fisico che emotivo, è stato lungo e difficile. Rushdie ha dovuto affrontare non solo le ferite visibili, ma anche quelle interne, imparando a vivere con le limitazioni imposte dall’aggressione. La perdita della vista da un occhio e i problemi alla mano sinistra sono diventati ricordi permanenti dell’attacco, così come la difficile riabilitazione ospedaliera. Tuttavia, è proprio attraverso la scrittura che Rushdie ha trovato la forza di reagire: “Anche la lingua è un coltello“, afferma nel libro, sottolineando il potere della parola di affrontare e superare il dolore, di rivelare la verità e di creare bellezza.
Il racconto di Rushdie è un viaggio attraverso le tenebre, ma anche una testimonianza della capacità umana di resistere e rinascere attraverso l’arte. La decisione di scrivere “Coltello” non è stata solo una necessità personale, ma anche un atto di sfida contro la violenza, un modo per riprendere il controllo della propria storia e rispondere all’odio con la creazione. In questo senso, l’opera si pone come un manifesto sulla resilienza dello spirito umano di fronte alle avversità più estreme.
Nonostante le cicatrici lasciate dall’attacco, Rushdie non cerca vendetta né rimorsi dal suo aggressore, ma piuttosto una comprensione delle motivazioni dietro un gesto così estremo. La sua sopravvivenza, descritta come “miracolosa“, gli permette oggi di affrontare la vita con una rinnovata consapevolezza della fragilità dell’esistenza e della potenza salvifica dell’arte e della parola. “Coltello” è dunque molto più di un memoir: è una riflessione profonda sull’essere umano, sull’odio e sulla capacità di superare il dolore più atroce attraverso la forza intrinseca della creatività.
La pubblicazione del libro, in attesa del processo all’aggressore previsto per la fine del 2024, rappresenta un momento cruciale per Rushdie, che con “Coltello” affronta i suoi demoni e si rivolge al mondo con un messaggio di speranza e di lotta contro l’oscurantismo. La sua storia, segnata da grandi successi letterari e da sfide personali drammatiche, continua ad essere una fonte di ispirazione per chi crede nel potere liberatorio dell’espressione artistica.