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Neri Marcorè debutta alla regia con “Zamora”: il calcio, la nostalgia e l’arte della narrazione
Nel panorama cinematografico italiano, l’attesa per il debutto alla regia di Neri Marcorè con il film “Zamora” si carica di aspettative e curiosità. Conosciuto per la sua poliedricità artistica, Marcorè si avventura ora dietro la macchina da presa, portando sul grande schermo non solo una storia di calcio ma un viaggio narrativo nelle sfumature umane e sociali dell’Italia degli anni ’60. Basato sul romanzo omonimo di Roberto Perrone, il film vede il protagonista, un ragionierino di provincia catapultato nella frenetica Milano, scoprire il mondo del calcio, sport fino ad allora a lui sconosciuto.
Un progetto lungo vent’anni
La genesi di “Zamora” affonda le radici in un lontano passato fatto di letture appassionate e incontri significativi. “La nostra amicizia in realtà parte proprio con ‘Zamora’, ma risale a 20 anni fa”, confessa Marcorè, rivelando come l’idea di portare sullo schermo il romanzo di Perrone sia stata un’ambizione lungamente covata. Nonostante i cambiamenti di ruolo, da protagonista a mentore, la dedizione di Marcorè al progetto non ha mai vacillato, guidata dalla convinzione di poter offrire visibilità a un talento emergente come Alberto Paradossi, l’attore scelto per impersonare il protagonista.
Il calcio tra passione e critica
Nonostante il film abbia il calcio come sfondo, Marcorè sottolinea come il suo interesse si concentri maggiormente sugli aspetti umani e narrativi che circondano lo sport. Critico nei confronti di certe dinamiche moderne del calcio, quali la simulazione in campo, propone riflessioni che toccano il tasto della sportività e dell’onore. “Se c’è un aspetto per cui il calcio ha perso la sua poesia è proprio per questa mancanza di signorilità, di rispetto, di sportività”, afferma l’attore e regista, evidenziando una forte nostalgia per un calcio più autentico e meno condizionato dal “circo equestre” che lo circonda oggi.
“Zamora”, un film senza tempo
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, “Zamora” non ambisce a essere un mero esercizio di nostalgia. Anzi, Marcorè puntualizza di aver volutamente ambientato la storia negli anni immediatamente precedenti al ’68, cercando di catturare non solo l’atmosfera di quei tempi ma di rendere il film attuale, quasi come se fosse stato girato nell’epoca in cui si svolge. Questo approccio conferisce a “Zamora” una qualità senza tempo, capace di parlare al pubblico contemporaneo pur rimanendo profondamente radicato nel contesto storico e culturale degli anni ’60.
Da attore a regista: la naturale evoluzione di Marcorè
Il passaggio alla regia per Marcorè rappresenta un’evoluzione quasi naturale del suo percorso artistico. Paragonandosi a un calciatore che diventa allenatore, descrive questo cambiamento come frutto di un lungo periodo di riflessione e apprendimento sul set. La decisione di assumersi la responsabilità della regia non è stata presa alla leggera ma è il risultato di una maturazione professionale e personale. “Prima di fare questo passo, ho voluto mettere in cascina tanta esperienza sul set, in modo tale da potere essere pronto nel momento in cui si presentasse un qualche imprevisto”, spiega Marcorè, sottolineando come la proposta di regia sia venuta direttamente dal produttore Agostino Saccà, che ha visto in lui non solo un attore di talento ma un potenziale regista capace di dare vita alla storia di “Zamora”.
La pellicola “Zamora” non è solo un omaggio al calcio di un tempo ma un’esplorazione delle dinamiche umane e sociali che caratterizzano ogni epoca, con uno sguardo che, pur radicato nel passato, si proietta verso questioni attuali e universali. Neri Marcorè, attraversando i confini tra attore, sceneggiatore e regista, dimostra come la passione e la versatilità possano trasformare una storia di sport in un racconto di profonda umanità e risonanza emotiva.