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Neri Marcorè e il debutto alla regia con ‘Zamora’: tra passione calcistica e racconto umano
Il noto attore, imitatore e conduttore televisivo Neri Marcorè si cimenta per la prima volta nella regia cinematografica con il film “Zamora”. La pellicola, ispirata all’omonimo romanzo di Roberto Perrone, giornalista sportivo di lungo corso, trascende l’amore per il calcio per indagare le sfumature dell’animo umano, le rinunce e le debolezze che caratterizzano ognuno di noi. Marcorè, che ha sempre avuto un rapporto particolare con il mondo del pallone, si distacca dal semplice racconto sportivo per immergersi in una storia di crescita e realizzazione personale.
La trama di “Zamora” ruota attorno a Walter, un modesto impiegato di provincia nella Milano degli anni ’60, catapultato in una realtà che non gli appartiene. Costretto dal suo datore di lavoro a giocare a calcio, sport di cui ignora tutto, Walter si troverà ad affrontare sfide che lo porteranno a scoprire aspetti inaspettati di sé stesso. Marcorè, presentando il film al MyCinema di Fidenza, ha sottolineato come la sua affezione per il romanzo di Perrone abbia resistito nel tempo, portandolo, dopo vent’anni, a realizzare un sogno rimasto in sospeso.
Una realizzazione personale attesa da vent’anni
La vicenda di “Zamora” e la sua trasposizione cinematografica rappresentano per Marcorè un progetto di lunga data. “La nostra amicizia in realtà parte proprio con ‘Zamora’, ma risale a 20 anni fa”, ha dichiarato l’artista, evidenziando come il tempo trascorso non abbia fatto altro che consolidare la sua determinazione a portare sul grande schermo la storia che tanto lo aveva affascinato. Nonostante l’originaria intenzione di ricoprire il ruolo del protagonista, Marcorè ha poi assunto la veste di mentore, segnalando al mondo del cinema il talento di Alberto Paradossi, l’attore scelto per interpretare il personaggio principale.
Il passaggio alla regia è descritto da Marcorè come un processo naturale, metaforicamente paragonabile a quello di un calciatore che diventa allenatore. Questa evoluzione professionale non è stata priva di esitazioni, ma è stata supportata da un’ampia esperienza maturata sul set, che ha fornito a Marcorè la sicurezza e la preparazione necessarie a confrontarsi con le inevitabili sfide della regia.
Il calcio tra passione e critica
Nonostante la trama di “Zamora” tocchi il mondo del calcio, l’intenzione di Marcorè non è quella di rendere omaggio allo sport bensì di narrare una storia umana e di crescita personale. L’attore e regista non nasconde il suo amore per il calcio, sport che ha praticato a livello amatoriale e con la Nazionale cantanti. Tuttavia, esprime una forte critica verso certi aspetti del mondo calcistico contemporaneo, come il comportamento antisportivo e la simulazione, suggerendo addirittura l’introduzione dell’espulsione diretta per chi si rende protagonista di tali atti.
Il giudizio di Marcorè sul calcio si estende anche alle regole e al circo mediatico che lo circonda, sottolineando come il gioco sia stato privato della sua poesia originaria. La proposta di introdurre il tempo effettivo di gioco mira a contrastare la perdita di autenticità e sportività che, secondo l’artista, affligge il calcio moderno.
Un film senza nostalgia ma con autenticità
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, “Zamora” non indulge in un senso di nostalgia per gli anni ’60. Marcorè ha intenzionalmente scelto di spostare l’ambientazione del film a ridosso del ’68, per catturare l’essenza di un’epoca di cambiamento senza cadere in una semplice rievocazione storica. L’obiettivo è raccontare una storia che, sebbene ambientata nel passato, risuoni con autenticità e attualità agli occhi dello spettatore.
Con “Zamora”, Neri Marcorè si lancia in un nuovo ambito della sua poliedrica carriera, dimostrando non solo la sua versatilità artistica ma anche il profondo legame che nutre con le storie capaci di ispirare e commuovere. La scelta di affrontare la regia testimonia la volontà di accettare nuove sfide e di esplorare territori inesplorati, mantenendo sempre al centro l’umanità dei suoi personaggi e la sincerità del suo approccio narrativo.