Priscilla: tra favola e realtà, la visione di Sofia Coppola
Il cinema di Sofia Coppola si è sempre distinto per la sua capacità di esplorare mondi lontani e vicini allo stesso tempo, mondi dove la superficie luccicante cela spesso un vuoto profondo e doloroso. Con Priscilla, la regista si avventura nel racconto di una storia vera, quella di Priscilla Presley, e lo fa partendo da un incontro che sembra il preludio di una favola moderna: una giovane quattordicenne incontra Elvis Presley, l’icona del rock’n’roll, in Germania. Ma, come in ogni favola che si rispetti, c’è sempre un lato oscuro.
Il film inizia con uno scambio di sguardi e parole tra Priscilla ed Elvis: lui la definisce ‘piccola’ e lei, con un timido ‘grazie’, accetta questo primo appunto che disegnerà la dinamica della loro relazione. Da qui, si dipana una narrazione dove Priscilla sembra vivere in un eterno stato di attesa, accettando passivamente le decisioni di Elvis, anche quando queste la costringono a rinunciare a parti di sé. Coppola, attraverso la sua lente, esplora la condizione di Priscilla, intrappolata in una ‘gabbia dorata’ fatta di silenzi e attese.
Una critica alla passività femminile o un racconto di emancipazione?
Il film si presta a molteplici interpretazioni: da un lato, la storia di Priscilla può essere letta come una critica alla passività femminile, all’annullamento di sé di fronte alla figura dominante dell’uomo. Dall’altro, può essere vista come un racconto di emancipazione, dove ogni cambiamento esteriore di Priscilla – dai suoi abiti alle sue acconciature – diventa simbolo di un’evoluzione interiore, di un cammino verso la consapevolezza di sé.
Nonostante le potenzialità del racconto, alcuni critici hanno espresso perplessità riguardo la realizzazione del film. ‘Non posso dire di esser stata folgorata dalla pellicola’, ammette Francesca Marani, Senior Photo Editor di Vogue Italia, sottolineando come, nonostante l’apprezzamento per la regista, il ritmo lento e un montaggio sfuggente abbiano reso difficile l’immersione totale nella storia. Questa narrazione, benché intrisa di significati e simbolismi, sembra non essere riuscita a catturare completamente l’attenzione e l’affetto di alcuni spettatori.
Un parallelo con il cinema passato
Il confronto con An Education, film del 2009 diretto da Lone Scherfig, emerge spontaneo. Anche in quel caso, si narra la storia di una giovane ragazza e del suo incontro con un mondo adulto che promette meraviglie ma nasconde insidie. La differenza sostanziale risiede forse nel trattamento della protagonista: se in An Education assistiamo a una rapida presa di coscienza e a una conseguente evoluzione, in Priscilla tale processo sembra dilatarsi nel tempo, riflettendo forse la complessità e la profondità del personaggio reale.
Nonostante le critiche, la capacità di Sofia Coppola di creare atmosfere uniche e di portare lo spettatore in un viaggio attraverso le emozioni e gli stati d’animo rimane indiscussa. Priscilla offre uno sguardo intimo sulla vita di una donna che, pur nelle sue contraddizioni e difficoltà, emerge come figura di rilievo nella cultura popolare del XX secolo. Il film, con tutte le sue sfumature, invita a una riflessione sul concetto di identità femminile e sul difficile percorso di autocoscienza e riscatto.
La storia di Priscilla Presley, così come raccontata da Sofia Coppola, resta un’opera che interpella, che chiede di essere scrutata al di là della superficie, per coglierne le molteplici sfaccettature. È un invito a guardare oltre, a non fermarsi alle apparenze, ma a cercare quella verità nascosta che solo un’attenta osservazione può rivelare.