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Condizioni Carcerarie Disumane: Il Memoriale di Ilaria Salis da Budapest
In una lettera scritta dall’interno delle mura del carcere di Budapest, l’ex Gestapo, emergono dettagli agghiaccianti sulla detenzione di Ilaria Salis, la maestra milanese di 39 anni. La lettera, datata 2 ottobre e indirizzata a un ex politico italo-ungherese ora in servizio presso il Consolato, rivela un quadro di vita carceraria che ha del surreale e dell’inumano. Ilaria Salis, arrestata l’11 febbraio 2023, descrive un’esistenza quotidiana tra abusi e privazioni, una realtà che ha allarmato l’opinione pubblica e sollevato questioni sul rispetto dei diritti umani nelle prigioni.
Un Arresto Tra Umidità e Squallore
Il giorno del suo arresto, la Salis è stata costretta a spogliarsi per poi essere rivestita con indumenti forniti dalla Questura, “malconci e puzzolenti”, e calzare stivali con tacchi a spillo non della sua misura. Le condizioni di vita all’interno del carcere non sono migliorate, con la donna costretta a rimanere per cinque settimane senza cambiare le lenzuola né i vestiti, fino a quando non è stato permesso al consolato italiano di farle visita. La descrizione delle celle è quella di un ambiente infestato da cimici, scarafaggi e topi, con una mancanza di igiene che colpisce nel profondo.
Malnutrizione e Isolamento: La Dura Vita in Carcere
Ilaria Salis denuncia una situazione di malnutrizione: a colazione, una fetta di salume di dubbia qualità; a pranzo, brodi e zuppe acquose con residui inaccettabili, mentre frutta e verdura sono un miraggio. Parla poi dell’isolamento forzato, trascorrendo 23 ore al giorno in una cella minuscola, senza contatto umano e con un’ora d’aria al giorno in condizioni precarie. Non è mancata l’assenza di contatti familiari: per i primi sei mesi di detenzione, Salis non ha potuto comunicare con i propri cari.
La Difesa della Dignità Personale
La Salis racconta di come la consegna dei beni di prima necessità sia stata altamente problematica. All’arrivo, non le furono forniti prodotti per l’igiene personale, costringendola a chiedere aiuto ad altre detenute. Solo dopo essere stata trasferita in una cella singola, le è stato consentito di ricevere un pacco. Le preoccupazioni per la sua salute sono palpabili: un nodulo che avrebbe richiesto un’ecografia a marzo, eseguita soltanto a giugno, senza ricevere alcun referto scritto.
Un Trattamento Giudiziario Disumanizzante
Alle udienze, Salis è stata portata ammanettata e al guinzaglio, una scena che ha destato scalpore per la sua crudeltà. “Oltre alle manette, ti mettono un cinturone di cuoio con una fibbia a cui legano le manette. Anche i piedi sono legati tra loro”, descrive la donna nel memoriale. Un’immagine che evoca trattamenti del passato, lontani dalla civiltà giuridica che si vorrebbe associare all’Europa del XXI secolo.
Il Rifiuto della Cultura Come Forma di Punizione
Il rifiuto dell’istruzione e della comunicazione emerge come un altro aspetto critico. Salis, che aveva chiesto di iscriversi a scuola per imparare meglio l’ungherese, si è vista negare questa possibilità con la motivazione che “non parla ungherese”. Le guardie evitano di comunicare in lingue diverse dall’ungherese, isolando ulteriormente la detenuta straniera. La 39enne sottolinea come gli unici momenti di svago siano rappresentati da attività manuali non remunerate, un ulteriore segno di un trattamento discriminatorio.
La Voce di Ilaria Salis al di fuori delle Mura
Nel concludere la sua lettera, Ilaria Salis fa appello ai suoi avvocati italiani, esprimendo la propria incredulità di fronte alla passività dei legali ungheresi: “dicono che non si può far niente perché per loro tutto questo è normale, ma so che in Italia non è assolutamente normale”. Una dichiarazione che risuona come un grido di aiuto, una richiesta di intervento per far luce su una realtà carceraria che sembra ignorare i più basilari diritti umani.
Il caso di Ilaria Salis pone seri interrogativi sul trattamento riservato ai detenuti stranieri in Ungheria. La vicenda sta attirando l’attenzione delle autorità italiane e internazionali, sollecitando risposte e azioni concrete per garantire il rispetto dei diritti umani, spesso dati per scontati, ma che in alcune realtà risultano essere ancora un traguardo da raggiungere.