Il caso Ilaria Salis: tra indignazione e diplomazia
L’attivista italiana Ilaria Salis si trova in carcere a Budapest da undici mesi, con l’accusa di aggressione a due estremisti di destra. Le immagini della Salis incatenata mani e piedi, condotta in tribunale con una catena da un agente e sorvegliata da un uomo armato e incappucciato, hanno suscitato reazioni di sconcerto e indignazione non solo in Italia, ma in tutta Europa. La durezza del suo trattamento ha scatenato un’ondata di sdegno, specialmente dopo la divulgazione di una lettera in cui l’attivista descrive condizioni detentive disumane, tra cui l’isolamento dalla famiglia per sei mesi e la firma forzata di un verbale in lingua ungherese senza neanche conoscerne il contenuto.
Possibile rimpatrio e misure di sicurezza
La questione del possibile rimpatrio di Ilaria Salis in Italia è complessa. Al momento, la procedura non è stata ancora avviata formalmente dall’avvocato della famiglia, che valuta con cautela ogni passo per evitare possibili rappresaglie. Il Ministero della Giustizia italiano sta tuttavia lavorando per garantire che, in caso di concessione degli arresti domiciliari, non vi sarebbero rischi di fuga. L’Italia propone l’adozione del “braccialetto elettronico” come misura cautelativa. Per quanto riguarda il prosieguo del processo, si valutano opzioni come il rientro di Salis a Budapest per ogni udienza o l’uso di videocollegamenti.
Le trattative e la diplomazia
Le negoziazioni tecniche sono in corso tra la difesa e il ministero, che dovrà interfacciarsi con le autorità ungheresi competenti. Una volta delineate le varie opzioni, sarà compito della diplomazia trovare una soluzione. L’interazione fra il premier italiano Giorgia Meloni e il primo ministro ungherese Viktor Orban, e le dichiarazioni del ministro degli Esteri Antonio Tajani, confermano che l’Italia è attivamente impegnata nel caso. Tajani ha sottolineato l’importanza della discrezione nelle trattative: “Più si sta zitti e prima si risolve questa situazione”, paragonando il caso Salis a quelli di Zaki e Alessia Piperno.
Le condizioni carcerarie e l’appello al silenzio
Le condizioni di detenzione descritte da Ilaria Salis sono estremamente dure. La detenuta ha raccontato di passare 23 ore al giorno in una cella chiusa, con solo un’ora d’aria, e di subire la presenza di insetti e roditori nelle celle. L’appello al silenzio lanciato da Tajani risuona come una strategia diplomatica, mirata a tutelare l’integrità e la sicurezza della cittadina italiana, evitando di alimentare tensioni che potrebbero pregiudicare un esito positivo. Questa linea è stata ribadita sia nei confronti del leader della Lega Matteo Salvini che della segretaria del PD Elly Schlein.
Rimane da capire quale sarà l’orizzonte temporale per la risoluzione del caso, con il rischio che il processo e un’eventuale espulsione potrebbero protrarsi fino al 2025. Nel frattempo, la società civile e i media seguono con apprensione l’evolversi della situazione, sperando in una rapida e giusta risoluzione per Ilaria Salis.
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