Borse europee in rosso, Milano soffre
Le Borse europee hanno chiuso la settimana con segni negativi, influenzate dall’incertezza sui tassi d’interesse della Fed. Il Ftse Mib di Milano ha registrato una perdita del 1,8%, seguendo l’Ibex di Madrid (-2,7%) e il Cac di Parigi (-1,7%). La debolezza del settore bancario ha pesato su questi indici. Il Dax di Francoforte ha limitato le perdite a 0,9%, mentre il Ftse 100 di Londra (+0,9%) e l’Aex di Amsterdam (+0,5%) sono riusciti a chiudere in lieve rialzo.
Debolezza delle banche e performance contrastanti
Nel settore bancario, Unicredit ha registrato un calo del 3,6%, mentre Popolare di Sondrio è avanzata del 2,9%. Alcuni titoli hanno però chiuso in positivo: Inwit ha guadagnato il 2,2% e Recordati il 3,4%. Le utilities hanno brillato con un incremento dell’1,3% a livello europeo, grazie anche alle discussioni al G7 sull’energia tenutosi a Torino. Erg ha chiuso in rialzo del 3,1% e A2A del 3,9%, risultando la migliore della settimana. Le forti precipitazioni nevose hanno contribuito a spingere la produzione idroelettrica e le attese degli analisti sono positive per la guidance 2024.
Il prezzo del petrolio è sceso, con il Brent in ribasso del 6,8% e il Wti del 4,8%. Sul fronte valutario, l’euro ha guadagnato lo 0,7% sul dollaro. Questi movimenti sono stati influenzati dal rapporto sull’occupazione Usa, che ha deluso le aspettative, suggerendo una possibile riduzione dei tassi da parte della Fed.
Il rapporto sull’occupazione Usa e le speranze sui tagli Fed
Il rapporto sull’occupazione Usa di aprile è stato peggiore delle attese, con la creazione di 175.000 posti di lavoro rispetto ai 240.000 previsti. Questo dato ha riacceso le speranze per un doppio taglio dei tassi della Fed. Gli analisti di Carson Group spiegano che “non c’è un fermento dell’economia tale da mantenere l’inflazione persistentemente alta”. Di conseguenza, si prevede ora che la Fed possa effettuare due tagli di 25 punti base entro la fine dell’anno, contro l’unica sforbiciata prevista prima della pubblicazione del rapporto.
La disoccupazione è salita dal 3,8% al 3,9%, mentre i salari orari medi sono aumentati di 7 centesimi, lo 0,20%, arrivando a 34,75 dollari. Rispetto a un anno prima, i salari sono aumentati del 3,92%. Tuttavia, la settimana lavorativa media è diminuita di 0,1 ore a 34,3 ore e la partecipazione della forza lavoro è stata pari al 62,7%, ancora lontana dai livelli pre-pandemia di febbraio 2020.
Revisione dei dati di marzo e febbraio
I dati di marzo sono stati rivisti al rialzo da 303.000 a 315.000 posti di lavoro, mentre quelli di febbraio sono stati rivisti al ribasso da 270.000 a 236.000. Complessivamente, ci sono stati 22.000 posti di lavoro in meno rispetto a quanto comunicato il mese scorso. Nei 12 mesi precedenti ad aprile, la media mensile di nuovi posti di lavoro creati era stata di 242.000.
L’attività economica nel settore servizi negli Stati Uniti è tornata in contrazione ad aprile, con l’Ism servizi sceso da 51,4 a 49,4 punti. Le attese erano per un dato a 52 punti. Aprile è il quarto mese in contrazione negli ultimi 169 mesi. La componente sull’andamento aziendale è scesa da 57,4 a 50,9, quella sull’occupazione è diminuita da 48,5 a 45,9. La componente relativa ai nuovi ordini è scesa da 54,4 a 52,2, mentre l’indice sui prezzi è salito da 53,4 a 59,2 punti.
Impatto sui mercati e aspettative future
La debolezza del rapporto sull’occupazione e la contrazione del settore servizi hanno influenzato negativamente i mercati. Gli investitori sperano ora in un intervento della Fed per sostenere l’economia. La previsione di due tagli dei tassi entro la fine dell’anno è vista come una possibile soluzione per stimolare la crescita e controllare l’inflazione.