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La Federal Reserve di fronte al bivio inflazionistico: tassi fermi ma l’allerta persiste
Nella vigilia cruciale in cui la Federal Reserve, guidata da Jerome Powell, si appresta a tenere la propria riunione del Fomc, il dibattito sull’orientamento della politica monetaria statunitense si intensifica. Le aspettative convergono verso una decisione di mantenere i tassi di interesse invariati, attestandosi tra il 5,25% e il 5,5%. Questa scelta riflette la complessità dello scenario economico attuale, segnato da una persistente pressione inflazionistica.
Nonostante le previsioni, i recenti dati sull’inflazione hanno sorpreso gli analisti. L’indice PCE, inclusivo delle volatili componenti energetiche e alimentari, ha registrato un incremento del 2,7%, superando le attese che si collocavano al 2,6%. Questo dato, insieme alle informazioni riguardanti le spese per consumi e i redditi personali, segnala una resilienza della domanda interna, nonostante l’incremento dei prezzi.
Consumi e redditi in crescita: la resilienza dell’economia USA
Le spese per consumi hanno mostrato un’ascesa dello 0,8% su base mensile, cifra che non solo supera le stime iniziali ma eguaglia anche il ritmo di crescita registrato nel mese precedente. Parallelamente, i redditi personali hanno visto un aumento dello 0,5%, confermando le previsioni e segnando un miglioramento rispetto al +0,3% del mese precedente. Questi dati, nel loro insieme, illustrano una solida propensione al consumo da parte degli americani, nonostante l’ambiente di prezzi elevati.
La sequenza di dati macroeconomici rilasciati nelle ultime settimane dipinge un quadro di una economia statunitense che, nonostante i ripetuti rialzi dei tassi operati dalla Fed negli ultimi due anni, non mostra segni significativi di rallentamento inflazionistico, con l’inflazione che stenta a rientrare nel target del 2% auspicato dalla banca centrale.
Le prospettive di politica monetaria e le reazioni del mercato
Le premesse delineate non sembrano promettenti, come sottolinea John Kerschner, Head of US Securitised Products e Portfolio Manager presso Janus Henderson, evidenziando come le aspettative di imminenti tagli dei tassi da parte della Fed fossero elevate fino a qualche mese fa, portando successivamente a un significativo repricing da parte dei mercati. Tuttavia, nonostante le pressioni inflazionistiche e un contesto di crescita più stabile e resistente, Kerschner non esclude la possibilità di futuri tagli dei tassi nel corso del 2024.
Un elemento di preoccupazione è stato il recente dato sul PIL statunitense, che ha evidenziato una forte domanda interna contrapposta da un deterioramento del saldo commerciale, sintomo di una possibile sopravvalutazione del dollaro che mina la competitività statunitense. Questi elementi inducono a interrogarsi sull’eventualità di futuri tagli dei tassi o, al contrario, sulla necessità di un ulteriore inasprimento della politica monetaria.
Il segnale d’allarme dell’inflazione: servizi e beni sotto pressione
I dati relativi all’inflazione offrono alcuni segnali d’allarme non trascurabili, con un incremento su base mensile dei prezzi dei servizi del 4%. Inoltre, i prezzi dei beni alimentari hanno registrato un aumento dell’1,5%, mentre quelli energetici sono cresciuti del 2,6%. Di fronte a questi numeri, Powell potrebbe enfatizzare che la battaglia contro l’inflazione è tutt’altro che conclusa, suggerendo che saranno necessarie ulteriori prove di un allentamento delle pressioni sui prezzi prima di poter considerare tagli ai tassi di interesse.
La questione centrale che emerge dalle attuali dinamiche economiche è se la Fed sarà costretta ad adottare ulteriori rialzi di tassi in risposta alla persistenza delle pressioni inflazionistiche. Sebbene non vi sia una chiara indicazione di ulteriori aumenti, la porta a un possibile ulteriore inasprimento non sembra essere stata chiusa, delineando uno scenario che potrebbe rafforzare ulteriormente il dollaro sul mercato valutario.