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“Bimbi palestinesi al Gaslini di Genova: una tragedia umanitaria in fuga dalla guerra”
Una catastrofe inimmaginabile
Il dottor Andrea Moscatelli, responsabile della terapia intensiva dell’Istituto Gaslini, ritorna dalla missione umanitaria in Palestina con un racconto straziante: “È una delle tragedie umanitarie più grandi che abbiamo vissuto negli ultimi dieci anni, è una catastrofe, che in qualche modo deve essere gestita, perché l’impatto sui bambini è enorme, chiunque vede cosa succede ha chiaro che bisogna fare qualcosa per fermare la guerra.” La situazione a Gaza è disperata, con decine di migliaia di vittime civili, tra cui più di 11.500 bambini. L’emergenza è tale che i piccoli non riescono a ricevere le cure adeguate, con interventi di emergenza effettuati senza anestesia e terapie complesse impossibili da fornire.
“Bambini devastati, mamme legate tra loro”
Moscatelli sottolinea la differenza con altre zone in conflitto come l’Ucraina, dove “vediamo molte più vittime civili con lesioni direttamente legate alla guerra come crolli, ferite da pallottole e schegge di bombardamenti.” Le mamme dei piccoli pazienti, unite dal dolore e dalla solidarietà vissuta negli ospedali, diventano un punto di forza durante i trasferimenti. Al Gaslini sono giunte due sorelline con gravi problemi ortopedici e una bimba affetta da spina bifida, tutte vittime delle atrocità della guerra.
Una luce di speranza
Nei prossimi giorni, l’Italia accoglierà la nave-ospedale “Vulcano” con l’obiettivo di ricoverare 100 bambini provenienti dall’area di conflitto, distribuiti principalmente tra gli ospedali pediatrici Gaslini di Genova, Bambin Gesù di Roma e Meyer di Firenze. Con gli ospedali palestinesi sotto attacco e le reti sanitarie vicine al collasso, i voli umanitari verso l’Italia diventeranno sempre più cruciali per salvare vite innocenti. Il Gaslini, con il supporto di professionisti come Ubaldo Rosati, Federica Penco, Paola Leveratto, Gianluca Piatelli, Mattia Pacetti e Maria Elena Formaggio, si prepara ad accogliere e curare i feriti più gravi, offrendo una speranza di guarigione in un contesto di violenza inaudita.