Riprendono i negoziati tra Israele e Hamas al Cairo
Dovrebbero riprendere questa mattina al Cairo i colloqui per raggiungere una tregua a Gaza, dopo i segnali positivi della vigilia poi “gelati” da Hamas, che ha stoppato qualsiasi accordo senza il ritiro completo dei militari israeliani dalla Striscia. Il gruppo ha accusato il leader israeliano Benjamin Netanyahu di ostacolare l’intesa per motivi personali.
I negoziatori degli Stati Uniti, del Qatar e dell’Egitto, che cercano di fermare la guerra in corso ormai da sette mesi, hanno proposto una pausa di 40 giorni nei combattimenti e lo scambio degli ostaggi israeliani con prigionieri palestinesi. Questi dettagli sono stati diffusi dalla Gran Bretagna.
Le tensioni tra le due parti
Ieri, i mediatori del Qatar, dell’Egitto e degli Stati Uniti hanno incontrato una delegazione di Hamas al Cairo. Una fonte di Hamas vicina ai negoziati ha detto che oggi ci sarà “un nuovo ciclo” di colloqui. Ciascuna parte ha incolpato l’altra per lo stallo dei negoziati.
Un alto funzionario di Hamas ha insistito ieri sera sul fatto che il gruppo “non avrebbe accettato in nessuna circostanza” una tregua che non includesse esplicitamente la fine completa della guerra, compreso il ritiro di Israele da Gaza. Il funzionario, che ha chiesto di restare anonimo, ha condannato gli sforzi israeliani per ottenere un accordo sul rilascio degli ostaggi “senza collegarlo alla fine dell’aggressione a Gaza”. Ha accusato Netanyahu di “ostacolare personalmente” gli sforzi per raggiungere una tregua a causa di “interessi personali”.
La posizione di Israele
Dall’altra parte, un alto funzionario israeliano aveva detto in precedenza che Hamas “sta ostacolando la possibilità di raggiungere un accordo” rifiutandosi di rinunciare alla sua richiesta di porre fine alla guerra. Nonostante mesi di tentativi diplomatici, i mediatori non sono riusciti ad arrivare a una nuova tregua come quella di una settimana che ha permesso il rilascio di 105 ostaggi lo scorso novembre in cambio di detenuti palestinesi nelle carceri di Israele.
Il funzionario israeliano ha detto che una delegazione sarà inviata al Cairo solo se ci saranno segnali positivi sul quadro proposto. Sulle trattative pesa la prospettiva di un prossimo attacco israeliano a Rafah, dove secondo l’OMS si rifugiano 1,2 milioni di palestinesi provenienti dal Nord della Striscia, quasi metà dell’intera popolazione del territorio palestinese.
Il ruolo dei mediatori internazionali
I negoziatori internazionali stanno lavorando incessantemente per trovare un punto d’incontro tra le due parti. Gli sforzi degli Stati Uniti, del Qatar e dell’Egitto sono concentrati su una tregua temporanea che possa portare a una cessazione duratura delle ostilità. Tuttavia, le accuse reciproche tra Israele e Hamas continuano a complicare il processo.
“La situazione è estremamente delicata”, ha dichiarato un mediatore anonimo. “Ogni passo falso potrebbe far saltare i negoziati e riportare la regione in un ciclo di violenza.”
Prospettive future
Le prospettive di un cessate il fuoco stabile rimangono incerte. La comunità internazionale osserva con attenzione lo sviluppo delle trattative, sperando che una soluzione possa essere trovata per mettere fine a mesi di conflitto.
Nonostante le difficoltà, i mediatori non hanno perso la speranza. La possibilità di uno scambio di ostaggi e prigionieri potrebbe rappresentare un punto di svolta, ma solo se entrambe le parti saranno disposte a fare concessioni significative.
In questo contesto, la pressione internazionale potrebbe giocare un ruolo cruciale nel favorire un accordo. Le nazioni coinvolte nei negoziati stanno cercando di bilanciare gli interessi di entrambe le parti, cercando di evitare ulteriori escalation.
La situazione umanitaria
Intanto, la situazione umanitaria a Gaza continua a deteriorarsi. Secondo l’OMS, oltre 1,2 milioni di palestinesi sono sfollati nella Striscia, con la maggior parte rifugiata a Rafah. Le condizioni di vita sono estremamente difficili, con carenze di cibo, acqua e servizi sanitari.
“La popolazione civile sta pagando il prezzo più alto”, ha affermato un rappresentante dell’OMS. “È urgente trovare una soluzione che metta fine alla sofferenza di milioni di persone.”
Le organizzazioni umanitarie stanno facendo il possibile per prestare assistenza, ma le risorse sono limitate e il continuo conflitto rende difficile l’accesso alle aree più colpite.