Il declino di Sciences Po e l’avanzata dell’ideologia woke
L’eminente politologo Gilles Kepel, uno dei massimi esperti mondiali di Medio Oriente, ha recentemente pubblicato il libro “Olocausti” in Francia, che uscirà in Italia dopo l’estate per Feltrinelli. In un’intervista, Kepel ha espresso preoccupazioni profonde riguardo alla situazione attuale di Sciences Po, istituzione storica che ha formato le élite francesi e internazionali per decenni. Secondo Kepel, Sciences Po ha capitolato di fronte all’ideologia woke, rinunciando alla sua missione fondamentale di trasmissione del sapere. Questo declino, sostiene, è iniziato molti anni fa con l’allora direttore Richard Descoings, che ha introdotto l’apertura dell’istituto a studenti provenienti dalle periferie. “Democratizzare l’accesso era giusto,” afferma Kepel, “ma non si è fatta abbastanza attenzione a mantenere alto il livello degli studenti e della direzione.”
Democratizzazione e internazionalizzazione: un’arma a doppio taglio
La morte tragica di Descoings ha segnato un punto di svolta per Sciences Po. Dopo di lui, due alti funzionari provenienti dall’Ena hanno preso le redini dell’istituto, ma non erano professori. Kepel critica questa scelta, sostenendo che la democratizzazione e l’internazionalizzazione sono state fatte a scapito del sapere, elemento essenziale per un’istituzione di alto livello come Sciences Po. Questo problema non è isolato, ma si riflette anche nei campus americani, dove il linguaggio e le pratiche sono spesso importati. “Sciences Po è in preda alla propaganda della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon,” continua Kepel, “che vede nel 7 ottobre una re-definizione degli equilibri globali.”
Le proteste pro-Palestina e la reazione occidentale
Il 7 ottobre, comparabile per Kepel all’11 settembre, ha visto una parte dell’Occidente schierarsi con i carnefici, in questo caso Hamas, invece che con le vittime. Questo fenomeno si riflette nelle proteste pro-Palestina nei campus universitari, dove si tende a dimenticare il massacro del 7 ottobre e il fatto che ci siano ancora oltre 100 ostaggi nelle mani di Hamas. “La protesta diventa meno basata sui fatti e più sull’ideologia,” sostiene Kepel. Recentemente, davanti a Sciences Po, si sono affrontati manifestanti pro-Israele e pro-Palestina, ribattezzando l’anfiteatro Boutmy in “anfiteatro Gaza”. Questo, secondo Kepel, va contro la missione di un’istituzione universitaria, che dovrebbe favorire il confronto argomentato di tutte le posizioni.
Il jihadismo d’atmosfera e il clima attuale
Kepel ha parlato in passato di “jihadismo d’atmosfera”, fenomeno che vede all’opera anche oggi. Sebbene non ci siano violenze immediate, il clima attuale, alimentato per anni dai Fratelli musulmani, ha favorito eventi tragici come le uccisioni dei professori Samuel Paty e Dominique Bernard. “Spero che qualcuno non ne approfitti tornando a collegare Olimpiadi e causa palestinese, come accadde nel 1972 a Monaco,” conclude Kepel. Questa situazione solleva interrogativi profondi sulla direzione che stanno prendendo le istituzioni educative. La democratizzazione e l’internazionalizzazione, se non gestite con attenzione, rischiano di minare la qualità dell’istruzione e la missione fondamentale di queste istituzioni.