Gaza sotto attacco mentre si discute una tregua al Cairo
In una giornata di intense trattative al Cairo, la situazione a Gaza è rimasta critica. I mediatori egiziani e una delegazione di Hamas hanno discusso una proposta di tregua con Israele, mentre sulla Striscia di Gaza continuavano a piovere bombe e missili. Gli F-16 e i droni israeliani hanno colpito diverse aree, tra cui il campo profughi di Nuseirat, considerato da Israele una “roccaforte” di Hamas.
Attacchi aerei e operazioni di terra
A Nuseirat, le bombe sganciate dagli aerei israeliani hanno causato morti e feriti, estratti dalle macerie di una casa in via Ahmed Yassin, nella zona di Al-Saftawi. Un’altra casa è stata colpita vicino alla stazione di polizia in via Salah al Din, e la moschea di Al Fukhari a est di Khan Younis è stata centrata dalle bombe. Le località di al Mughraqa e az-Zahra sono state anch’esse bersagliate.
Contemporaneamente, l’artiglieria israeliana ha martellato le aree settentrionali di Beit Lahiya. In Cisgiordania, a Deir al Ghusoun, cinque combattenti palestinesi sono stati uccisi in un’operazione definita “antiterrorismo” dall’esercito israeliano, che ha imposto il coprifuoco e distrutto con ruspe e razzi anticarro le abitazioni dei combattenti.
Proposta di tregua e reazioni internazionali
Le speranze di una tregua sono state alimentate dalle indiscrezioni riportate dai media sauditi, israeliani e palestinesi. Secondo queste fonti, Hamas sembrava disposto ad accettare la proposta egiziana per un cessate il fuoco, frutto del pressing esercitato dagli Stati Uniti, dall’Egitto e in parte dal Qatar. Il Segretario di Stato americano, Blinken, ha più volte sottolineato che “tra la tregua e la popolazione di Gaza c’è solo Hamas”.
La bozza di intesa prevederebbe tre fasi di 40, 42 e 42 giorni senza combattimenti. Nella prima fase, Hamas rilascerebbe 33 dei circa 130 ostaggi israeliani, nella seconda gli altri ostaggi vivi, e nella terza avverrebbe uno scambio di salme tra le due parti. Tra i punti principali dell’accordo, vi sarebbe anche la scarcerazione di un numero indefinito di prigionieri palestinesi, compreso Marwan Barghouti, considerato il “Mandela palestinese”.
Condizioni e resistenze
Nonostante le speranze, le dichiarazioni ufficiali delle due parti restano divergenti. Hamas insiste per un cessate il fuoco permanente e la fine dell’offensiva israeliana, mentre Israele, attraverso “anonimi funzionari governativi”, ha escluso la cessazione della guerra. Tel Aviv ha annunciato che una delegazione israeliana si recherà al Cairo solo se Hamas darà una risposta concreta con un orizzonte per i negoziati.
Il Primo Ministro israeliano Netanyahu ha dichiarato che, con o senza la liberazione degli ostaggi, Israele attaccherà Rafah. Un dirigente israeliano ha confermato al Times of Israel che “l’esercito entrerà a Rafah e distruggerà i rimanenti battaglioni di Hamas”. Queste dichiarazioni hanno placato i ministri dell’estrema destra, Smotrich e Ben Gvir, che invocano una guerra infinita, ma hanno fatto infuriare migliaia di israeliani scesi in strada a Tel Aviv per chiedere la chiusura dell’accordo.
Il dramma dei civili e dei giornalisti
Sullo sfondo di queste trattative e attacchi, continuano a emergere i numeri tragici della guerra. Secondo il ministero della sanità di Gaza, i palestinesi uccisi dall’offensiva israeliana sono 34.654, tra cui oltre 100 giornalisti e operatori dell’informazione. Israele nega di prendere di mira i reporter, ma spesso li descrive come collusi con Hamas e altre “organizzazioni terroristiche”.
Tra le vittime si contano Hamza Dahdouh, figlio del noto giornalista Wael Dahdouh di Al Jazeera, e Mustafa Thuraya, operatore di droni per video, uccisi da un drone militare israeliano a gennaio. Israele sostiene che Thuraya appartenesse ad Hamas e Dahdouh al Jihad islamico, ma il Washington Post ha pubblicato immagini che contraddicono la versione israeliana, sollevando interrogativi sul motivo per cui i giornalisti sono stati presi di mira.
La posizione di Hamas
Un portavoce di Hamas, Taher Nunu, ha ribadito alla Reuters che “qualsiasi accordo dovrà includere la fine completa e permanente dell’aggressione israeliana, il ritiro totale dell’occupazione dalla Striscia di Gaza, il ritorno degli sfollati alle loro case, un vero e proprio scambio di prigionieri e la fine del blocco israeliano di Gaza”.
Queste condizioni sono viste da molti come irrealistiche, considerando la posizione intransigente di Israele e le crescenti pressioni interne ed esterne. Tuttavia, il fatto che le trattative continuino rappresenta un barlume di speranza per una popolazione stremata da anni di conflitto e blocchi.