Le proteste universitarie pro-Palestina: un’analisi critica del professor Kepel
PARIGI — Il professor Gilles Kepel, uno dei massimi esperti mondiali di Medio Oriente e autore del recente libro «Olocausti» su Israele, Gaza e la guerra contro l’Occidente, ha espresso la sua preoccupazione riguardo alle recenti proteste universitarie pro-Palestina, in particolare a Sciences Po, istituzione d’élite francese.
«È il crollo di un’istituzione fondamentale, che ha capitolato di fronte all’ideologia woke e ha rinunciato alla trasmissione del sapere», ha dichiarato Kepel, sottolineando come Sciences Po abbia abbandonato la sua missione educativa originale.
La democratizzazione dell’accesso e le sue conseguenze
Secondo Kepel, il declino di Sciences Po è iniziato molti anni fa, quando l’allora direttore Richard Descoings decise di aprire l’istituzione a studenti provenienti dalle periferie. Kepel era favorevole a questa apertura e ha personalmente partecipato all’iniziativa, insegnando nei licei di periferia e preparando i ragazzi al concorso d’ingresso.
«Democratizzare l’accesso era giusto», ha affermato Kepel, «ma non si è fatta abbastanza attenzione a mantenere alto il livello degli studenti e anche della direzione». Dopo la morte di Descoings, la leadership dell’istituzione è stata affidata a funzionari provenienti dall’Ena, che, secondo Kepel, hanno trascurato il sapere in favore della democratizzazione e internazionalizzazione.
Il legame con le proteste nei campus americani
Kepel ha collegato i problemi di Sciences Po alle proteste nei campus americani, sottolineando come l’attuale amministratore provvisorio di Sciences Po abbia adottato il linguaggio dei campus statunitensi. Secondo Kepel, Sciences Po è ormai preda della propaganda della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che interpreta il 7 ottobre come una ridefinizione degli equilibri globali.
«In questo senso il 7 ottobre è peggiore dell’11 settembre», ha aggiunto Kepel, spiegando che mentre dopo gli attentati del 2001 l’Occidente reagì compatto, oggi una parte dell’Occidente si schiera con i carnefici invece che con le vittime.
La criminalizzazione delle proteste pro-Palestina
I manifestanti pro-Palestina lamentano che le loro proteste vengano criminalizzate e che non sia lecito denunciare le migliaia di civili palestinesi uccisi dalle scelte del premier israeliano Netanyahu. Kepel riconosce la legittimità di tali denunce, ma critica la mancanza di equilibrio: «Quando però vengono totalmente dimenticati il massacro del 7 ottobre e il fatto che ci sono ancora oltre 100 ostaggi nelle mani di Hamas, allora la protesta diventa meno basata sui fatti e più sull’ideologia».
Il rischio di un clima jihadista
In un precedente libro, Kepel ha parlato di «jihadismo d’atmosfera», un concetto che ritiene rilevante anche oggi. Sebbene non ci siano al momento violenze, Kepel avverte che il clima attuale, alimentato per anni dai Fratelli musulmani, potrebbe favorire atti estremisti, come le uccisioni dei professori Samuel Paty e Dominique Bernard.
Kepel teme che qualcuno possa sfruttare questo clima per collegare le Olimpiadi alla causa palestinese, come accadde nel 1972 a Monaco.