Crisi a Gaza: Le trattative per la tregua e la pressione internazionale
GERUSALEMME — Da oltre dodici anni, l’emiro del Qatar ospita i leader di Hamas, offrendo un rifugio sicuro e un punto di riferimento per le operazioni dell’organizzazione. Tuttavia, negli ultimi mesi, le pressioni internazionali hanno intensificato le richieste di un cambiamento. Antony Blinken, segretario di Stato degli Stati Uniti, ha trasmesso un messaggio chiaro al Qatar: è tempo che Hamas accetti l’ultima proposta di tregua, pena lo sfratto.
La risposta negativa non è accettabile, ha sottolineato Blinken, e il Qatar ha trasmesso il messaggio ai jihadisti attraverso i media sauditi. La proposta prevede una tregua divisa in tre fasi. Durante la prima fase, della durata di sei settimane, verrebbero rilasciati 33 ostaggi israeliani, tra cui donne, minori, anziani e malati.
Le condizioni della tregua e il ruolo dei negoziatori
Nei passaggi successivi, i soldati israeliani e gli uomini con meno di 50 anni verrebbero scambiati con altri detenuti palestinesi. Le fonti saudite suggeriscono che Israele sarebbe pronto a rilasciare Marwan Barghouti, condannato a cinque ergastoli, a patto che si trasferisca a Gaza. Barghouti, originario della Cisgiordania, è considerato da molti l’unico vero successore del presidente Abu Mazen.
I rappresentanti di Hamas si trovano attualmente al Cairo per i negoziati, mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha rinviato la partenza della delegazione guidata dal direttore del Mossad. Netanyahu ha anche lasciato trapelare due messaggi volti a ridurre le aspettative: l’esercito procederà con l’invasione di Rafah e Israele non può aderire a un cessate il fuoco permanente.
Tzahi Hanegbi, consigliere per la Sicurezza Nazionale e fedelissimo di Netanyahu, ha dichiarato ai telegiornali del sabato sera che le truppe entreranno a Rafah ‘molto presto’ e che Yahya Sinwar, il pianificatore dei massacri del 7 ottobre, ‘non resterà vivo’. Sinwar avrebbe l’ultima parola sull’accordo e il Canale 12 israeliano specula che i segnali ‘positivi’ potrebbero essere solo una tattica per guadagnare tempo.
La disperazione dei familiari degli ostaggi
I familiari degli ostaggi sanno di avere sempre meno tempo. Le manifestazioni di protesta hanno radunato migliaia di persone per le strade di Tel Aviv, chiedendo che l’intesa venga finalizzata e invocando le dimissioni del governo. Dopo la pausa nei combattimenti alla fine dello scorso novembre, ancora 133 ostaggi sono tenuti prigionieri dai terroristi, tra cui una trentina dichiarata morta dall’intelligence israeliana.
Non hanno più tempo nemmeno gli abitanti di Gaza. ‘La carestia sta per scoppiare ed è già in corso nel nord della Striscia’, denuncia Cindy McCain, direttrice del Programma Alimentare Mondiale. Gli americani hanno sospeso la costruzione del porto flottante al largo della Striscia a causa delle condizioni avverse del mare. Questo pontile avrebbe permesso un afflusso maggiore di aiuti nella parte del territorio più colpita dalla fame.
Il ruolo del Qatar e le implicazioni geopolitiche
Il ruolo del Qatar nella crisi di Gaza è cruciale. In passato, il piccolo regno nel Golfo è stato un mediatore chiave, offrendo una sede ai leader di Hamas su richiesta degli Stati Uniti. Ora, le pressioni per allontanare Hamas e costringerlo ad accettare la tregua riflettono un cambiamento nelle dinamiche geopolitiche della regione.
La posizione di Israele e le prospettive future
Israele, dal canto suo, mantiene una posizione ferma. L’invasione di Rafah sembra inevitabile e la possibilità di un cessate il fuoco permanente appare remota. La leadership israeliana insiste sulla necessità di eliminare minacce come quella rappresentata da Yahya Sinwar e di garantire la sicurezza a lungo termine del paese.
L’importanza della mediazione internazionale
La mediazione internazionale rimane un elemento chiave per risolvere la crisi. I negoziati in Egitto e le pressioni esercitate da attori come gli Stati Uniti e il Qatar mostrano l’importanza di un approccio multilaterale. Tuttavia, il successo di queste iniziative dipenderà dalla volontà delle parti coinvolte di fare concessioni significative.
La complessità della situazione e le sfide future
La situazione a Gaza è estremamente complessa, con molteplici attori e interessi in gioco. Le sfide future includono non solo la gestione della tregua e il rilascio degli ostaggi, ma anche la ricostruzione e la stabilizzazione della regione. Le tensioni politiche, le questioni umanitarie e le dinamiche di sicurezza continueranno a influenzare gli sviluppi.
Mentre la comunità internazionale osserva attentamente, il destino di Gaza e dei suoi abitanti rimane incerto. Le prossime settimane saranno cruciali per determinare se le attuali trattative porteranno a una soluzione duratura o se la regione continuerà a essere teatro di conflitti e sofferenze.