Professor Kepel: “Sciences Po ha capitolato di fronte all’ideologia woke”
Il noto politologo e esperto di Medio Oriente, Gilles Kepel, ha recentemente espresso forti critiche riguardo alla situazione attuale della celebre università Sciences Po. In un’intervista rilasciata a Parigi, Kepel ha delineato un quadro preoccupante del declino di una delle istituzioni accademiche più prestigiose della Francia, attribuendolo a una serie di scelte discutibili nell’ambito della democratizzazione e internazionalizzazione dell’accesso.
Secondo Kepel, l’apertura della scuola a studenti provenienti dalle periferie, un’iniziativa promossa dal defunto direttore Richard Descoings, era inizialmente positiva. Tuttavia, la mancanza di attenzione al mantenimento di alti standard accademici ha portato a una degenerazione della qualità dell’istruzione. “È il crollo di un’istituzione fondamentale, che ha capitolato di fronte all’ideologia woke e ha rinunciato alla trasmissione del sapere,” ha dichiarato Kepel.
Le radici del problema
Kepel ha spiegato che dopo la tragica morte di Descoings, la direzione di Sciences Po è passata nelle mani di alti funzionari provenienti dall’École nationale d’administration (Ena), piuttosto che professori accademici. Questo cambio di gestione ha enfatizzato la democratizzazione e l’internazionalizzazione, trascurando la missione primaria di trasmissione del sapere. “Si è puntato tutto sulla democratizzazione e sulla internazionalizzazione della scuola, il che poteva andare bene, ma si è trascurato il sapere,” ha affermato Kepel.
Questa mancanza di equilibrio ha portato a una situazione in cui Sciences Po sembra essere influenzata dalla propaganda della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che interpreta gli eventi del 7 ottobre come una re-definizione degli equilibri globali. “Sciences Po è in preda alla propaganda della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che vede nel 7 ottobre una re-definizione degli equilibri globali,” ha detto Kepel.
Le conseguenze delle proteste
L’intervista ha toccato anche le recenti proteste pro-Palestina nei campus universitari, che secondo Kepel, sono sintomatiche di un problema più ampio. “Dopo le atrocità del 7 ottobre, una parte almeno dell’Occidente si schiera con i carnefici e non con le vittime,” ha osservato Kepel, sottolineando come la guida suprema iraniana Khamenei abbia applaudito alle proteste di Parigi, un segnale inquietante secondo il politologo.
Kepel ha anche rilevato una tendenza preoccupante tra i manifestanti pro-Palestina, i quali sembrano dimenticare i crimini commessi da Hamas il 7 ottobre, focalizzandosi esclusivamente sulle vittime palestinesi. “Quando però vengono totalmente dimenticati il massacro del 7 ottobre e il fatto che ci sono ancora oltre 100 ostaggi nelle mani di Hamas, allora la protesta diventa meno basata sui fatti e più sull’ideologia,” ha spiegato.
Il rischio di un “jihadismo d’atmosfera”
Ritornando ai temi trattati in uno dei suoi lavori precedenti, Kepel ha parlato del concetto di “jihadismo d’atmosfera”. Anche se al momento non ci sono violenze, il clima attuale, influenzato dai Fratelli musulmani, è estremamente teso. “Non ci sono violenze, almeno per il momento, per fortuna. Ma questo clima, alimentato per anni dai Fratelli musulmani, ha favorito le uccisioni dei professori Samuel Paty e Dominique Bernard,” ha avvertito Kepel.
Il politologo ha espresso preoccupazione per il potenziale ritorno a collegare eventi sportivi di rilevanza globale, come le Olimpiadi, con cause politiche come quella palestinese, facendo riferimento al tragico evento del 1972 a Monaco. “Spero che qualcuno non ne approfitti tornando a collegare Olimpiadi e causa palestinese, come accadde nel 1972 a Monaco,” ha concluso.
Un quadro complesso e preoccupante
La situazione descritta da Kepel evidenzia una serie di problematiche che travalicano i confini di Sciences Po, toccando questioni più ampie di integrazione, qualità dell’istruzione e tensioni geopolitiche. L’influenza della propaganda e l’ideologizzazione delle proteste universitarie rappresentano solo una parte del quadro complesso delineato dal politologo.
Kepel ha ribadito che, sebbene la democratizzazione dell’accesso all’istruzione sia un obiettivo nobile e giusto, essa deve essere bilanciata con la necessità di mantenere alti standard accademici. Questo equilibrio è fondamentale per preservare la qualità delle istituzioni educative e garantire che esse possano continuare a svolgere il loro ruolo di trasmissione del sapere.
Un appello alla riflessione
L’intervista di Gilles Kepel rappresenta un invito a riflettere sulle scelte fatte nel mondo accademico e sulle loro conseguenze a lungo termine. In un contesto globale sempre più complesso e interconnesso, è essenziale che le istituzioni educative rimangano ancorate ai loro principi fondamentali, promuovendo un dialogo basato sui fatti e non sull’ideologia.