Impasse a Taranto: Ilva, commissari ostacolati e tensioni esterne
In una giornata tesa presso lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto, Antonio Lupo e Francesco Ardito, commissari dell’Ilva in amministrazione straordinaria, si sono visti negare l’accesso ai dati sulla produzione da parte dei vertici di Acciaierie d’Italia, azienda attualmente gestita da ArcelorMittal. Questo rifiuto si inserisce in un più ampio contesto di confronto tra la società e il governo italiano, con il recente invito da parte del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, a garantire la continuità produttiva dello stabilimento.
La situazione si è ulteriormente complicata quando, al termine dell’ispezione interrotta, i commissari hanno dovuto affrontare il disappunto di alcuni imprenditori dell’indotto, visibilmente preoccupati per le sorti produttive dello stabilimento. Un episodio di tensione ha visto protagonista l’imprenditore Vladimiro Pulpo, il quale, in segno di protesta, ha alzato due bidoni vuoti nei confronti dei commissari, per essere poi fermato dai colleghi. Una scena che sottolinea il clima di forte preoccupazione che si respira attorno allo stabilimento tarantino.
Una visita ispettiva ostacolata
I commissari, nella loro visita ispettiva, avevano come obiettivo verificare lo stato di funzionamento degli impianti e le iniziative in atto, in risposta alle preoccupazioni espresse dai sindacati circa il progressivo spegnimento degli impianti. La loro richiesta di “aggiornamenti urgenti”, prevista dal contratto del 2017, si è scontrata con l’opposizione del management, che ha rimproverato ai commissari di aver oltrepassato le loro prerogative, dichiarando che “la fornitura di dati relativi alle quantità di materie prime presenti in magazzino è esclusiva competenza del Cda”.
Un dettaglio non trascurabile è che l’amministratrice delegata Lucia Morselli ha ammesso in un ricorso al Tribunale di Milano che la produzione è rallentata, ascrivendo la colpa alle “continue esternazioni” del governo e alla conseguente impossibilità di mantenere una profittabilità normale, con l’acquisto di materie prime in volume ridotto. Un contesto che, secondo il ricorso, porterebbe il ciclo produttivo attuale in perdita.
La battaglia legale e le implicazioni industriali
Questa controversia avviene sullo sfondo di una battaglia legale per evitare l’entrata in amministrazione straordinaria di Ilva, e nel mentre si assiste a una presa di posizione da parte di Acciaierie d’Italia, controllata da ArcelorMittal ma partecipata anche da Invitalia. In questo quadro, il rischio di un blocco totale degli impianti è stato paventato dalle sigle metalmeccaniche, tenendo conto che attualmente è in funzione solo l’altoforno Afo4, e anche questo al minimo delle sue capacità.
Il governo italiano e i commissari di Ilva hanno mostrato una determinazione nell’intervenire per evitare il collasso dello stabilimento. La lettera dei commissari visionata da Il Fatto Quotidiano mette in luce la gravità della situazione, con la possibilità che “la situazione, ove non intervengano immediate azioni correttive, potrebbe portare alla distruzione delle cokerie e degli altiforni ancora attivi, impedendo, o comunque rendendo molto più oneroso il successivo riavvio della produzione”.
La posizione dei commissari e le reazioni del territorio
La posizione ferma dei commissari di Ilva, intenzionati a eseguire il loro mandato ispettivo, rispecchia l’urgenza di risposte concrete per il futuro dello stabilimento e per l’occupazione nel territorio. L’atteggiamento di ArcelorMittal, che detiene il controllo operativo di Acciaierie d’Italia, mette in luce le complessità del dialogo tra le parti sociali e la gestione aziendale.
Le reazioni di tensione all’esterno dello stabilimento evidenziano il grado di preoccupazione che si vive tra gli imprenditori locali, direttamente interessati alla salute produttiva di uno dei più grandi impianti siderurgici europei. La loro partecipazione al sit-in delle aziende fornitrici manifesta l’urgenza di una soluzione che tuteli non solo gli interessi industriali ma anche il tessuto sociale ed economico della città di Taranto e dell’intero indotto.
Il caso di Ilva e di Acciaierie d’Italia rappresenta quindi un nodo critico tanto per la politica industriale italiana quanto per il dialogo tra le istituzioni pubbliche e le grandi realtà aziendali. Un equilibrio delicato, che richiede trasparenza, condivisione di informazioni e soprattutto la capacità di tutelare il lavoro e l’ambiente di una comunità profondamente legata al suo storico impianto siderurgico.
Foto Credits: Il Fatto Quotidiano (https://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2024/01/11/med-1200×630-16.jpg)