Manifestazione a Roma per la Sicurezza Stradale
In uno scenario urbano dove il traffico e gli incidenti stradali rappresentano una problematica sempre più pressante, la piazza di Roma si è fatta paladina di una causa di vitale importanza: la riduzione dei limiti di velocità a 30 km orari in ambito urbano. La Rete Città 30 subito, un’aggregazione di associazioni tra cui Legambiente, Fiab-Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta e Salvaiciclisti, ha manifestato davanti al ministero dei Trasporti, alzando la voce contro la “strage quotidiana sulle strade” e invocando una radicale revisione della riforma del codice della strada.
“A 30 km orari non si muore”
La mobilitazione cittadina, accesa dal dolore ma anche dalla speranza di un cambiamento, si è fatta portavoce di un messaggio chiaro: “A 30 km orari non si muore“. Questo grido, che riecheggia tra le strade della capitale, non è solo uno slogan, ma una verità sostenuta da studi e statistiche. Le associazioni insistono che l’attuale riforma del Codice della Strada e la direttiva proposta dal Ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, non affrontano adeguatamente il problema della velocità come causa principale di morte sulle strade, chiedendo che ogni deroga ai limiti massimi di velocità sia “tassativamente individuata e giustificata strada per strada”.
Un’appello al Parlamento
Le stesse associazioni non si limitano a criticare la normativa vigente, ma sostengono attivamente i Comuni che si sono già mossi verso la trasformazione dei limiti di velocità, citando esempi da Olbia a Cesena, da Treviso a Bologna. Il loro appello è diretto al Parlamento: modificare la riforma in discussione per preservare l’autonomia delle amministrazioni locali in materia di mobilità sostenibile e per rispondere a un’emergenza che vede un morto ogni tre ore e un ferito ogni 2,5 minuti nelle città italiane, con pedoni e ciclisti a rappresentare il 50% delle vittime.
La testimonianza di una madre
La partecipazione di Giuseppina Piantadosi, madre di Carmen Gattullo, vittima della strada a soli 15 anni, ha toccato il cuore dei presenti. La donna, con una foto della figlia stampata sulla maglietta, ha ricordato quanto la velocità sia un fattore determinante nella letalità degli incidenti: “La probabilità di sopravvivere è una su dieci per chi viene investito a 50 km orari, a 30 km orari non si muore. È la velocità che uccide”. Il suo intervento non è solo un memoriale, ma un appello accorato a un cambiamento radicale nella concezione della sicurezza stradale.
Le posizioni dei sindaci
Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, ha espresso la sua posizione con fermezza, sottolineando come la città abbia posto come obiettivo la riduzione della velocità per salvare vite. La risposta del ministero dei Trasporti, secondo Lepore, si mostra burocratica anziché politica. “Noi andremo avanti”, ha dichiarato, evidenziando l’intenzione di monitorare i dati del progetto Città 30 e di aprire un dialogo costruttivo con il Governo per migliorare la vivibilità e la sicurezza stradale.
La mobilitazione di Legambiente
Il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, ha rafforzato la posizione del sindaco di Bologna, sottolineando la necessità di una sicurezza stradale che trascenda gli schieramenti politici. Ciafani ha richiamato l’attenzione sul sostegno necessario verso i sindaci che si stanno impegnando per applicare politiche di moderazione della velocità, indipendentemente dal colore politico. “La mobilitazione per città a 30 chilometri orari continua e la rafforzeremo”, ha affermato, puntando a una riforma del codice della strada che non penalizzi chi persegue maggior sicurezza.
La battaglia per le “Città 30” si inserisce in un contesto più ampio di sicurezza e vivibilità urbana, dove la tutela della vita umana e la qualità ambientale diventano assi prioritari di ogni politica di trasporto e mobilità. Il movimento che si è raccolto a Roma è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno di consapevolezza che cresce e che chiama a una responsabilità collettiva: ridurre la velocità per salvare vite. La strada da percorrere è ancora lunga, ma gli attivisti e i cittadini coinvolti dimostrano che la volontà di cambiamento è un motore potentissimo, capace di muovere anche le istituzioni più reticenti.
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