La nascita di “We Are the World”: un documentario Netflix svela i segreti
È stata una delle canzoni più emblematiche del ventesimo secolo, un inno che ha oltrepassato barriere geografiche e culturali, diventando simbolo di unità e solidarietà: “We Are the World”. Un documentario in streaming su Netflix, “We Are the World: la notte che ha cambiato il pop”, diretto da Bao Nguyen e prodotto da Julia Nottingham, ci porta dietro le quinte di quella storica registrazione del 1985, mostrando come i due icone della musica, Michael Jackson e Lionel Richie, abbiano unito le forze con altri grandi artisti per creare un capolavoro.
Un incontro storico tra leggende
I coautori Jackson e Richie hanno diretto un ensemble di stelle provenienti da svariati universi musicali. Il documentario, fornendo filmati inediti e testimonianze dirette, ci conduce nei famosi Henson Studios dove la canzone è stata registrata. Figure del calibro di Bruce Springsteen, Smokey Robinson, Cyndi Lauper, Kenny Loggins, Dionne Warwick e Huey Lewis hanno partecipato a quella che molti ricordano come una delle notti più memorabili della storia della musica, insieme a musicisti, tecnici e addetti alla produzione.
Un’idea nata in taxi
La genesi del documentario ha avuto origine in un momento inaspettato, come racconta il regista Nguyen: “Sapevo di dover fare questo film” dopo aver sentito la canzone in taxi. Nonostante inizialmente dubitasse di essere la persona adatta, la sua riflessione lo ha portato a una conclusione. “Mi sono detto: questa è una storia davvero avvincente. E uno dei miei obiettivi come regista è quello di scoprire qualcosa di nuovo, significativo e personale”. L’approccio narrativo scelto da Nguyen per il documentario è paragonabile a un film su una rapina, un confronto che sottolinea l’entusiasmante sfida di coordinare segretamente un gruppo di celebrità mondiali.
Magia in studio
La magia scaturita nell’incontro in studio sotto la guida di Quincy Jones è palpabile nel documentario. Jones aveva esortato tutti a “Controlla il tuo ego prima di entrare”, preparando il terreno per la creazione di un brano dalla struttura semplice ma profondamente efficace. “La parte del ritornello è adatta a diverse gamme vocali”, spiega Nguyen, rivelando il motivo per cui “We Are the World” è divenuta così popolare e cantabile. La canzone ha raccolto più di 60 milioni di dollari, ma il suo impatto va ben oltre la cifra, avendo evidenziato il problema della carestia in Africa e ispirato una nuova ondata di artisti-attivisti.
Una notte indimenticabile
La parte più toccante del documentario è la rievocazione di quella notte, con episodi come Bob Dylan che chiedeva aiuto per la sua parte e Stevie Wonder che suggeriva di cantare in swahili, scatenando un vivace dibattito sulle lingue parlate in Etiopia. Tuttavia, il clima era lontano da qualsiasi tensione, con le star che si scambiavano autografi, come riportato dall’arrangiatore vocale Tom Bahler: “Per i successivi 45 minuti, tutti ci siamo firmati autografi a vicenda”. Quella notte ha trasformato un gruppo di celebrità in una famiglia, uniti da un’esperienza condivisa e da un obiettivo comune.
Le grandi assenze
Nonostante l’atmosfera di comunione, il documentario non trascura di menzionare le grandi assenze. Artisti del calibro di Madonna, non invitata a favore di Cyndi Lauper, e Prince, che aveva richiesto di registrare il suo assolo in solitudine, una condizione che gli fu negata, sono stati notevoli mancanze. Queste defezioni, però, non hanno scalfito lo spirito di unità che ha pervaso gli Henson Studios quella storica notte.
Attraverso “We Are the World: la notte che ha cambiato il pop”, Netflix offre un viaggio affascinante all’interno di un evento che ha segnato un’epoca, rivelando come la collaborazione e la passione possano dar vita a qualcosa di veramente straordinario, trasformando artisti in simboli di speranza e cambiamento.
Foto Credits: Netflix