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La Pasqua clandestina e le oppressioni religiose nelle regioni occupate dell’Ucraina
La Pasqua di quest’anno è stata segnata da un’atmosfera di oppressione e paura nei territori ucraini occupati dalla Russia. Le autorità russe hanno inviato auguri di luce e pace, un’ipocrisia evidente per molti, soprattutto per i cattolici e le altre denominazioni religiose che sono state messe al bando. Le uniche liturgie consentite sono quelle legate alla Chiesa ortodossa russa, mentre tutte le altre parrocchie sono state chiuse e svuotate.
Don Oleksandr Bogomaz, uno degli ultimi sacerdoti cattolici espulsi dai territori occupati, racconta la sua esperienza. ‘La canonica in cui vivevo è stata requisita dai soldati russi. La chiesa protestante è stata trasformata in caserma di polizia’, spiega il sacerdote, ora sfollato a Zaporizhzhia. La repressione è così asfissiante che persino riunirsi per pregare è vietato.
Un clima di terrore nelle città occupate
Le notizie di bombardamenti mirati sulle chiese hanno ulteriormente alimentato il clima di terrore. Il governo ucraino sconsiglia di partecipare ai riti religiosi, optando per celebrazioni online. Don Oleksandr guida le celebrazioni su Telegram per la sua comunità di Melitopol, composta da meno di cento membri. ‘Neppure ai tempi dell’Unione Sovietica la repressione era così asfissiante’, aggiunge riferendo le parole dei suoi genitori.
Appelli per la liberazione dei prigionieri
L’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica, ha lanciato un forte appello alla liberazione dei prigionieri come gesto pasquale. ‘Le parole di papa Francesco sullo scambio di tutti i prigionieri hanno lasciato un segno profondo nei cuori dei cristiani sia dell’Ucraina sia della Russia’, ha sottolineato l’arcivescovo. Ha chiesto il rimpatrio di tre categorie di detenuti: le donne militari, gli operatori sanitari e i sacerdoti.
La strategia del Cremlino nelle regioni occupate
La Pasqua anticipa il Giorno della vittoria, la più sentita e politica festa russa che si celebra il 9 maggio. Il Cremlino ha obbligato a esportare questa ricorrenza anche nelle regioni occupate dell’Ucraina. A Melitopol, una bandiera rossa con la falce e il martello sventola sulla scuola numero 23, e i disegni degli alunni vengono consegnati ai militari russi.
La ricostruzione forzata e le case rubate
A Mariupol, metà della città non esiste più e 52mila famiglie sono senza casa. Tuttavia, il Cremlino ha già imposto la costruzione di almeno 3mila nuovi appartamenti. Una situazione simile si vive a Melitopol, dove la realizzazione di nuove abitazioni è una priorità. ‘Prestiti al 2% per chi tornerà ad abitare nelle nuove regioni’, ha stabilito Mosca, per accelerarne il ripopolamento.
Le pressioni religiose e la ‘guerra santa’
La commistione fra ‘trono’ e ‘altare’ è evidente nelle regioni occupate. A Mosca, la ‘guerra santa’ è stata benedetta dal patriarca Kirill. Un parroco amico di padre Oleksandr è stato costretto a scegliere tra passare al patriarcato di Mosca o essere esiliato. Ha scelto di non rinnegare la sua appartenenza alla Chiesa greco-cattolica ed è stato mandato al confino.
Alla vigilia della Pasqua, la Chiesa ortodossa russa ha lanciato la ‘missione di fraternità’ nelle terre sottratte all’Ucraina. Gruppi di volontari sono stati arruolati per ricostruire le case dei più fragili colpiti dalle azioni militari. Questa iniziativa sembra più un puntello alla strategia di Putin che una missione solidale.