Riforma della giustizia: la separazione delle carriere tra magistrati
La riforma della giustizia è un tema che ha attraversato decenni di politica italiana, segnato da tentativi e fallimenti. Da Bettino Craxi a Silvio Berlusconi, passando per la Bicamerale di Massimo D’Alema, la separazione delle carriere dei magistrati è stata un punto cruciale di discussione. Oggi, il governo di Giorgia Meloni sembra voler affrontare nuovamente questa sfida, forte di un accordo politico e dell’appoggio di una parte dell’opposizione.
L’attuale guardasigilli Carlo Nordio, ex giudice, è alla ricerca della formula giusta per superare le difficoltà che hanno bloccato in passato ogni tentativo di riforma. L’obiettivo è dividere il magistrato che accusa da quello che giudica, creando due Consigli Superiori della Magistratura (Csm) e un’Alta Corte per giudicare i magistrati.
Un cammino lungo e complesso
L’idea di riformare l’ordinamento giudiziario non è nuova. Già nel 2010, Nordio, nel libro ‘In attesa di giustizia’ scritto con Giuliano Pisapia, evidenziava la necessità di dialogare con delicatezza piuttosto che con forza brutale. Questo approccio sembra essere ancora valido oggi, con il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm), Giuseppe Santalucia, che ha auspicato un confronto con il ministro Nordio.
Il governo, però, è consapevole delle difficoltà che potrebbe incontrare. La strategia è quella di procedere con cautela, osservando le reazioni durante il congresso dell’Anm previsto per il 10-12 maggio. Un segnale negativo da parte dei magistrati potrebbe indicare che un’eventuale collaborazione non è possibile.
Le critiche dell’opposizione
La riforma della giustizia ha suscitato anche molte critiche. Gian Domenico Caiazza, capolista alle Europee per la lista Stati Uniti d’Europa ed ex presidente dell’Unione camere penali, ha sottolineato come sia il quindicesimo annuncio di riforma costituzionale dall’inizio della legislatura. Caiazza si chiede come mai non ci sia ancora un testo scritto e quando il governo intenda portarla a termine.
Anche Matteo Renzi, leader di Italia Viva, ha espresso dubbi sulla reale volontà del governo di realizzare la riforma, definendo il ministro Nordio una persona perbene, ma criticando la mancanza di risultati concreti. Enrico Costa, deputato di Azione, ha parlato di ‘scopo evidentemente dilatorio’, sottolineando come sia necessario ripartire da capo con le audizioni e le sedute già svolte.
I tentativi passati
Il percorso della riforma della giustizia è stato segnato da numerosi tentativi falliti. La ‘riforma Castelli’ del 2002 iniziò l’iter parlamentare, ma dopo lo stop del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, uscì da Montecitorio nel 2004 senza centrare l’obiettivo. Nel 2007, il governo Prodi e il ministro Clemente Mastella riuscirono solo ad inserire un limite di quattro passaggi in carriera.
Nel 2013, la raccolta firme dei radicali non portò a nulla. Tra il 2017 e il 2020, la proposta di un ddl costituzionale dell’Unione camere penali italiane si paralizzò. Infine, nel 2022, il referendum anti-porte girevoli lanciato da Lega e Radicali non raggiunse il quorum.
Il futuro della riforma
Oggi, il governo Meloni sembra determinato a portare avanti la riforma della giustizia. Tuttavia, la mancanza di un testo scritto e le divisioni interne ed esterne al governo rappresentano ostacoli significativi. La storia della riforma è lunga e complessa, e il rischio che anche questo tentativo finisca immolato sull’altare dell’opportunità politica è sempre presente.
La separazione delle carriere tra magistrati è un tema che tocca profondamente il sistema giudiziario italiano. La creazione di due Csm e di un’Alta Corte potrebbe rappresentare una svolta, ma è necessario procedere con cautela e con una strategia ben definita.