La Riforma della Giustizia: Un Viaggio di Trenta Anni
La riforma della giustizia, in particolare la separazione delle carriere dei magistrati, è un tema che da oltre trent’anni rappresenta un nodo cruciale nel panorama politico italiano. Dai tempi di Bettino Craxi ai giorni nostri, passando per i Radicali, Silvio Berlusconi e la Bicamerale di Massimo D’Alema, la questione ha visto promesse e tentativi che non sono mai riusciti a concretizzarsi del tutto.
Il governo di Giorgia Meloni sembra determinato a portare avanti questa riforma. Con un accordo politico in maggioranza, la presenza dell’ex giudice Carlo Nordio come Ministro della Giustizia e una parte dell’opposizione favorevole (Azione e Italia Viva), la riforma dell’ordinamento giudiziario appare finalmente realizzabile. Secondo le promesse del programma elettorale di Forza Italia, il testo dovrebbe approdare in Consiglio dei Ministri sotto forma di Ddl costituzionale entro maggio.
Un Nuovo Consiglio Superiore della Magistratura
Il progetto prevede l’istituzione di due Consigli Superiori della Magistratura (Csm) e di un’Alta Corte che giudicherà i magistrati giudicanti e requirenti, con membri sorteggiati. Non è escluso che si possa riflettere anche sull’esercizio dell’azione penale e della sua discrezionalità, con l’obiettivo di riformare l’articolo 112 della Costituzione, che prevede l’obbligatorietà dell’azione penale, per attuare pienamente il sistema accusatorio.
Tuttavia, raggiungere un equilibrio non è semplice. Nordio è alla ricerca della formula più adatta per evitare le sabbie mobili che hanno caratterizzato il dibattito in passato. Nel suo libro del 2010, scritto con Giuliano Pisapia, Nordio sottolineava la necessità di ‘dialogare in punta di fioretto’ piuttosto che ‘entrare con la clava nella cristalleria’.
Le Reazioni della Magistratura
Il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm), Giuseppe Santalucia, ha auspicato ‘un confronto con il ministro Nordio sulla riforma della giustizia, almeno prima che diventi legge, per un contributo tecnico’. Questa apertura potrebbe sembrare un segnale positivo, ma potrebbe anche preannunciare l’ennesimo scontro. Nel governo, il dialogo è considerato benefico, purché non si trasformi in un tentativo di bloccare la riforma.
Gian Domenico Caiazza, capolista alle Europee per la lista Stati Uniti d’Europa ed ex presidente dell’Unione Camere Penali, ha espresso il suo scetticismo: ‘L’annuncio del varo della riforma costituzionale della separazione delle carriere sarà, ad occhio e croce, il quindicesimo dall’inizio della legislatura. Due sole domande. La prima: come mai non c’è ancora un testo scritto? Seconda domanda: quando pensate di farla?’ Questi dubbi sono condivisi da una parte dell’opposizione.
Tra Scetticismo e Ottimismo
Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ha dichiarato: ‘La riforma della giustizia non si farà mai con questo governo. Il ministro Nordio è una persona perbene, ma dopo due anni continua a fare chiacchiericcio, non abbiamo visto niente.’ Anche Enrico Costa, deputato di Azione, ha parlato di ‘scopo evidentemente dilatorio’, sottolineando che da un anno e mezzo è pendente alla Camera un testo base su cui sono state svolte ‘ben 35 audizioni di esperti, 14 sedute’.
Nonostante le critiche, il governo sembra determinato a portare avanti il progetto. La strategia è quella di non correre troppo, soprattutto in vista del congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati dal 10 al 12 maggio. Se durante il congresso gli attacchi saranno forti, potrebbe essere il segno che una collaborazione non è possibile.
I Tentativi Precedenti
Dopo Tangentopoli, i tentativi di riforma sono stati numerosi ma infruttuosi. La ‘riforma Castelli’ del 2002, ad esempio, iniziò l’iter parlamentare per la separazione delle carriere, ma dopo lo stop del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, uscì da Montecitorio nel 2004 senza centrare l’obiettivo. Nel 2007, il governo Prodi inserì un limite di non più di quattro passaggi in carriera tramite il ministro Clemente Mastella, ma non andò oltre.
Nel 2013, i Radicali tentarono una raccolta firme finita nel vuoto. Tra il 2017 e il 2020, l’Unione Camere Penali Italiane propose un ddl costituzionale che si paralizzò. Infine, il referendum anti-porte girevoli del 2022, lanciato da Lega e Radicali, non raggiunse il quorum. La storia della riforma della giustizia è piena di tentativi falliti, ma il governo Meloni spera di poter cambiare questa tendenza.