Gaza, uno spiraglio di tregua tra le tensioni crescenti
GERUSALEMME — È da dodici anni che l’emiro del Qatar ospita i leader di Hamas, ma ora è giunto il momento di un cambio di scenario. Antony Blinken, il segretario di Stato americano, ha trasmesso il messaggio al premier qatariota Mohammed bin Abdulrahman Al Thani già in aprile, sottolineando che una risposta negativa da parte di Hamas non sarà accettata. Le pressioni di Blinken mirano a far accettare a Hamas l’ultima proposta di tregua discussa in Egitto. La proposta prevede una pausa nei combattimenti divisa in tre fasi, con il rilascio iniziale di 33 ostaggi israeliani tra donne, minori, anziani e malati.
Un piano in tre fasi
I jihadisti sembrano disposti a procedere con il piano di tregua, che prevede una prima fase di sei settimane. Durante questa fase, verrebbero rilasciati 33 ostaggi israeliani. Nei passaggi successivi, i soldati e gli uomini con meno di 50 anni verrebbero scambiati con altri detenuti palestinesi. Fonti saudite indicano che gli israeliani sarebbero pronti a scarcerare Marwan Barghouti, condannato a cinque ergastoli. Barghouti dovrebbe trasferirsi a Gaza, sebbene sia originario della Cisgiordania dove vive la sua famiglia.
I rappresentanti di Hamas sono attualmente al Cairo, mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha rinviato la partenza della delegazione guidata dal direttore del Mossad. Tuttavia, Netanyahu ha lasciato trapelare due messaggi che riducono le aspettative per una svolta nei negoziati: l’esercito procederà con l’invasione di Rafah e Israele non può aderire a un cessate il fuoco permanente.
Le posizioni di Israele
Tzahi Hanegbi, consigliere per la Sicurezza Nazionale e fedelissimo del premier, ha ribadito ai telegiornali che le truppe israeliane entreranno a Rafah ‘molto presto’ e Yahya Sinwar, il pianificatore dei massacri del 7 ottobre, ‘non resterà vivo’. Sinwar avrebbe l’ultima parola sul possibile accordo, ma il Canale 12 israeliano specula che i segnali ‘positivi’ potrebbero essere una tattica per guadagnare tempo.
Intanto, i famigliari degli ostaggi sanno di avere sempre meno tempo. Ieri sera, migliaia di persone hanno manifestato per le strade di Tel Aviv, chiedendo che l’intesa venga finalizzata e invocando le dimissioni del governo. Dopo la pausa nei combattimenti alla fine dello scorso novembre, ancora 133 ostaggi sono tenuti prigionieri dai terroristi, e una trentina di questi è stata dichiarata morta dall’intelligence israeliana.
La crisi umanitaria a Gaza
La situazione a Gaza è critica. Come denuncia Cindy McCain, direttrice del Programma Alimentare Mondiale, ‘la carestia sta per scoppiare ed è già in corso nel nord della Striscia’. Gli americani hanno sospeso la costruzione del porto flottante al largo della Striscia a causa delle condizioni avverse del mare. Questo pontile dovrebbe permettere un afflusso maggiore di aiuti nella parte del territorio più colpita dalla fame. Nei 211 giorni di guerra, i palestinesi uccisi sono quasi 35 mila.
La crisi umanitaria si aggrava di giorno in giorno. Gli abitanti di Gaza non hanno più tempo. Le condizioni di vita sono insostenibili e l’accesso agli aiuti è limitato. La comunità internazionale osserva con preoccupazione, cercando di trovare una soluzione che possa portare a una tregua duratura e alla fine delle ostilità.