Giustizia, la volta buona della riforma?
La riforma della giustizia, e in particolare la separazione delle carriere dei pm, è un tema che risale a oltre trent’anni fa. Da Bettino Craxi ai Radicali, passando per Silvio Berlusconi e la Bicamerale di Massimo D’Alema, molti hanno tentato di portare a termine questa riforma senza successo.
Oggi, il governo di Giorgia Meloni sembra intenzionato a riprendere questo lungo viaggio. Grazie a un accordo politico in maggioranza, la presenza dell’ex giudice Carlo Nordio come Ministro della Giustizia e il sostegno di una parte dell’opposizione (Azione e Italia Viva), la riforma dell’ordinamento giudiziario potrebbe finalmente vedere la luce.
Un disegno di legge costituzionale in arrivo
Entro maggio, il governo prevede di presentare un disegno di legge costituzionale in Consiglio dei Ministri. Questo testo, ancora da scrivere, dovrebbe prevedere l’istituzione di due Consigli Superiori della Magistratura (Csm) e di un’Alta Corte con membri sorteggiati. Quest’ultima avrebbe il compito di giudicare sia i magistrati giudicanti che quelli requirenti.
Un altro punto di discussione potrebbe essere l’esercizio dell’azione penale e la sua discrezionalità. Questo potrebbe portare a una riforma dell’articolo 112 della Costituzione, che prevede l’obbligatorietà dell’azione penale, per attuare pienamente il sistema accusatorio.
La ricerca di un equilibrio
Il Ministro Nordio è alla ricerca della formula più adatta per aggirare le difficoltà che in passato hanno bloccato il dibattito sulle ‘porte girevoli’ tra giudici e pm. Nel suo libro scritto con Giuliano Pisapia, ‘In attesa di giustizia’, Nordio sottolineava la necessità di ‘dialogare in punta di fioretto’ piuttosto che ‘entrare con la clava nella cristalleria’.
Il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm), Giuseppe Santalucia, ha mostrato un’apertura al confronto con il Ministro Nordio, auspicando un dialogo tecnico prima che la riforma diventi legge. Tuttavia, questa apertura potrebbe preannunciare l’ennesimo scontro se gli attacchi alla riforma dovessero intensificarsi.
Le critiche dell’opposizione
Nonostante l’apparente accordo, ci sono ancora molti dubbi sulla realizzabilità della riforma. Gian Domenico Caiazza, ex presidente dell’Unione Camere Penali, ha sollevato domande sulla mancanza di un testo scritto e sui tempi di attuazione della riforma costituzionale.
Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, è scettico sulla possibilità che questa riforma venga realizzata con l’attuale governo. Anche Enrico Costa di Azione ha criticato la lentezza del processo, sottolineando che un testo base è pendente alla Camera da un anno e mezzo.
Un lungo percorso di fallimenti
Dal referendum dei Radicali del 2000 al mancato raggiungimento del quorum nel referendum del 2022, i tentativi di riforma della giustizia hanno spesso fallito. La ‘riforma Castelli’ del 2002, ad esempio, fu bloccata dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi per profili di incostituzionalità.
Nel 2007, il governo Prodi e il ministro Clemente Mastella riuscirono solo a inserire un limite di non più di quattro passaggi in carriera per i magistrati. La raccolta firme dei Radicali nel 2013 e la proposta di un ddl costituzionale dell’Unione Camere Penali tra il 2017 e il 2020 si sono anch’esse arenate.
Un’opportunità politica o un altro fallimento?
Nonostante gli accordi politici e le aperture al dialogo, il futuro della riforma della giustizia rimane incerto. Senza un testo capace di reggere quattro letture in Parlamento e un eventuale referendum, i dubbi sulla realizzabilità di questa riforma sono ancora molti.
Il governo Meloni sembra intenzionato a portare avanti questa riforma, ma la strada è ancora lunga e piena di ostacoli. La storia dei tentativi di riforma della giustizia in Italia dimostra che le sfide da affrontare sono molte e complesse.