La Biennale di Venezia: un viaggio tra “Stranieri ovunque”
Sembra che la Biennale di Venezia sia destinata a trasformarsi in un crocevia di culture e visioni, come emerge dalle parole di Adriano Pedrosa, il curatore di questa edizione che ha scelto un tema tanto evocativo quanto sfaccettato: “Stranieri ovunque”. Un titolo che si presta a molteplici interpretazioni, da quella del forestiero e dell’estraneo a quella più introspettiva dello straniero che risiede in noi stessi.
Il presidente della Biennale, Roberto Cicutto, ha espresso la sua soddisfazione e la sua aspettativa di “tanta bellezza”. Un desiderio che, a giudicare dalle opere mostrate durante la conferenza stampa, sembrerebbe essere stato esaudito. Eppure, c’è una consapevolezza che il concetto di “bellezza” nell’arte contemporanea può essere ingannevole e che l’autentico valore di questa manifestazione si rivelerà pienamente solo all’inaugurazione, quando le opere saranno in grado di stimolare il pubblico con le loro provocazioni e interrogativi.
Un nuovo paradigma artistico
La Biennale appare come un viaggio verso terre artistiche meno esplorate, con l’obiettivo di rivelare artisti contemporanei e opere storiche finora marginalizzate dalla cultura occidentale. Questa edizione sembra voler sfidare l’eurocentrismo offrendo una piattaforma a voci e movimenti trascurati, con lo sguardo rivolto a un Modernismo in evoluzione.
La figura di Osvaldo De Andrade, teorico del “Manifesto antropofago”, diventa simbolica per questa rassegna: il suo pensiero di una cultura brasiliana che “cannibalizza” influenze esterne per rinnovare la propria identità autoctona illumina la scelta delle opere. Si annuncia quindi una Biennale che, attraverso sale tematiche dedicate a ritratti, astrattismo e diaspore, propone un dialogo tra le eredità culturali e le loro reinterpretazioni contemporanee.
L’Archivio della Disobbedienza e la Diaspora Italiana
Nel percorso espositivo, un ruolo di rilievo sarà assunto da “L’archivio della disobbedienza”, curato da Marco Scotini, che esplora l’arte e l’attivismo di genere attraverso le opere di artisti e collettivi. Un’altra sezione importante sarà dedicata alla diaspora italiana, con un focus sugli artisti italiani che hanno influenzato il panorama artistico internazionale.
Un tributo significativo sarà reso a Lina Bo Bardi, l’architetta che ha rigenerato il modernismo in Brasile con un approccio ispirato alla cultura indigena, e al suo maestro Giò Ponti. La loro eredità verrà evocata attraverso la ricostruzione delle teche trasparenti che Bo Bardi progettò per il Masp di San Paolo, sottolineando un canone espositivo all’avanguardia.
Un dialogo con la contemporaneità
La sezione contemporanea della Biennale si immergerà nel lavoro creativo di comunità indigene, da quelle Maori a quelle amazzoniche, e darà spazio all’arte tessile, rivalutando l’artigianato come forma d’arte. Questa scelta sembra allontanarsi dalle tendenze digitali e dalla realtà virtuale, enfatizzando piuttosto il valore dell’autenticità e della manualità.
La domanda di una giornalista riguardo alla possibile interpretazione delle opere come una critica alla cultura digitale ha sorpreso il curatore, che ha ammesso di non avere incluso questa dimensione nella sua ricerca, concentrandosi esclusivamente sugli “stranieri umani”. Questo lascia aperto il campo a future Biennali per esplorare il ruolo degli Avatar e della tecnologia nell’arte.
La dichiarazione finale di Pedrosa
La conferenza stampa si è conclusa con Pedrosa che ha condiviso una riflessione personale, definendosi un straniero in diversi sensi: come cittadino del mondo spesso percepito come appartenente a un “terzo mondo” in Europa, come individuo queer e come uomo in una posizione “perennemente obliqua al mondo”.
Queste parole potrebbero preannunciare una Biennale che non solo accoglie il diverso ma lo celebra, che sfida la pretesa di superiorità della cultura eurocentrica e che si impegna a lasciare un segno distintivo nella storia dell’arte. Una scommessa che va oltre la ricerca della bellezza e punta a un’eredità più profonda e significativa.
La Biennale di Venezia si appresta così a diventare un palcoscenico dove il concetto di straniero si moltiplica e si scompone, invitando i visitatori a un viaggio che supera i confini geografici e interiori, alla scoperta di un mondo artistico ricco di sfumature e di storie inaspettate.