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Il declino di Sciences Po e le proteste pro-Palestina: un’analisi di Gilles Kepel
Il mondo accademico è al centro di una controversia che riflette tensioni globali, in particolare quelle tra Israele e Palestina. Gilles Kepel, riconosciuto esperto di Medio Oriente e autore del libro ‘Olocausti’, analizza la situazione alla Sciences Po, l’istituzione accademica francese d’élite, evidenziando un profondo cambiamento nel panorama educativo e sociale.
Sciences Po, da decenni fulcro della formazione delle élite francesi e non solo, sta vivendo un periodo di crisi, secondo Kepel. Originariamente, l’apertura agli studenti delle periferie, voluta dall’ex direttore Richard Descoings, mirava a democratizzare l’accesso all’istruzione superiore. Tuttavia, Kepel sottolinea come questa politica abbia portato a un abbassamento del livello sia degli studenti sia della direzione, a discapito della trasmissione del sapere.
La crisi di identità accademica e l’ideologia woke
Il passaggio di gestione da professori a funzionari, secondo Kepel, ha accentuato una crisi di identità accademica, facendo sì che l’istituto capitoli di fronte all’ideologia woke. Questo orientamento ha trascurato l’essenza stessa di un’istituzione educativa di alto livello, ossia la trasmissione e la valorizzazione del sapere.
L’influenza dell’ideologia woke si riflette anche nelle recenti proteste che hanno coinvolto le università, inclusa Sciences Po, dove gli studenti si sono divisi tra sostenitori della causa palestinese e difensori di Israele. Kepel osserva come, in seguito agli eventi del 7 ottobre, una parte dell’Occidente tenda a schierarsi con i carnefici piuttosto che con le vittime, creando una frattura profonda nella percezione del conflitto israelo-palestinese.
Il peso della propaganda e l’eco delle proteste
Il clima di tensione è aggravato dalla propaganda, in particolare quella della France Insoumise, che vede nel 7 ottobre una riconsiderazione degli equilibri globali. Kepel mette in guardia contro il rischio che questo clima di ostilità, alimentato per anni, possa sfociare in violenze, facendo riferimento ai tragici assassinii dei professori Samuel Paty e Dominique Bernard come esempi di come l’ideologia possa trasformarsi in azioni letali.
La situazione a Sciences Po diventa un microcosmo delle tensioni più ampie che affliggono la società contemporanea. Le proteste studentesche, che vedono contrapposti manifestanti pro-Israele e pro-Palestina, sono emblematiche di una polarizzazione ideologica che va oltre le aule universitarie, influenzando il dibattito pubblico e la politica internazionale.
L’appello al dialogo e alla riflessione
Di fronte a queste tensioni, Kepel invita a non dimenticare le basi su cui si fonda l’istruzione superiore: il dialogo e la riflessione critica. L’esempio dell’anfiteatro Boutmy a Sciences Po, ribattezzato ‘anfiteatro Gaza’, simboleggia il rischio che le università perdano la loro funzione primaria di luoghi di scambio e confronto costruttivo.
La questione non riguarda solo Sciences Po o la Francia, ma solleva interrogativi su come le istituzioni educative in tutto l’Occidente stiano affrontando le sfide poste da ideologie divisorie e da un panorama politico globale sempre più complesso. La riflessione di Kepel getta luce sulla necessità di rafforzare il ruolo dell’educazione nel promuovere una comprensione più profonda e sfumata delle questioni internazionali, oltre che nel costruire ponti in un mondo sempre più frammentato.
La crisi a Sciences Po è quindi un campanello d’allarme che richiede un’attenzione urgente non solo da parte degli accademici e dei politici, ma da tutti coloro che credono nel valore dell’istruzione come strumento di progresso sociale e di pace. La strada da percorrere è ardua, ma il dialogo aperto e inclusivo potrebbe offrire una via d’uscita dalla polarizzazione che oggi caratterizza tanto il dibattito pubblico quanto quello accademico.