Gli studenti di Sciences Po Paris di nuovo in piazza: tra occupazioni e sgomberi
La tensione a Parigi sale nuovamente tra le mura di Sciences Po, dove gli studenti pro-Palestina hanno dato vita a un’altra occupazione, seguita da un rapido intervento delle forze dell’ordine. La prestigiosa istituzione universitaria, situata nella centrale Rue Saint-Guillaume, ha visto arrivare la polizia antisommossa (Crs) alle 11 del mattino per sgomberare gli studenti che avevano occupato l’edificio il giorno precedente. Questa volta, la polizia ha evacuato 91 studenti «senza incidenti», come comunicato dalla questura di Parigi. L’azione delle forze dell’ordine è stata immediatamente seguita dalle parole della ministra dell’istruzione superiore Sylvie Retailleau, che ha esortato i presidenti delle università a usare «la massima estensione dei poteri» a loro disposizione per garantire il «mantenimento dell’ordine».
La nuova ondata di occupazioni è il frutto di continue mobilitazioni che vedono gli studenti richiedere maggiore attenzione e azioni concrete sulle questioni riguardanti la Palestina. Un incontro tenutosi il 2 maggio tra l’amministrazione dell’ateneo e il corpo studentesco, richiesto dagli stessi studenti, non ha portato ai risultati sperati. «Purtroppo l’assemblea è stata una farsa», ha dichiarato Pierre (nome di fantasia), uno degli studenti coinvolti nelle proteste, sottolineando la totale indisponibilità dell’amministrazione a instaurare un dialogo aperto.
La richiesta di un dialogo aperto e le motivazioni dell’occupazione
Una delle principali richieste avanzate dal Comitato di Solidarietà per la Palestina riguarda la creazione di un comitato investigativo sui partenariati tra Sciences Po e le università israeliane, richiesta che non ha trovato terreno fertile. La delusione per la mancata apertura al dialogo da parte dell’amministrazione ha motivato gli studenti a organizzare una nuova occupazione dell’università, sperando di rilanciare le loro richieste con maggiore forza.
«Eravamo molti di più della settimana scorsa», ha proseguito Pierre, rivelando che la polizia ha iniziato a circondare l’università già dal mattino. Di fronte all’ultimatum dell’amministrazione, che chiedeva agli studenti di smobilitare e rinunciare a qualsiasi forma di mobilitazione per il resto dell’anno, una parte degli occupanti ha deciso di uscire prima dell’intervento della polizia, mentre altri hanno continuato la protesta all’interno dell’edificio, adottando una forma di resistenza pacifica.
Un fenomeno che si diffonde oltre i confini di Parigi
Le proteste e le occupazioni non si limitano a Sciences Po, ma coinvolgono altre università francesi e si inseriscono in un contesto di mobilitazione studentesca più ampio, che abbraccia anche altri paesi, come gli Stati Uniti. La causa palestinese diventa quindi un catalizzatore di un malcontento generazionale che trova nelle università un luogo privilegiato di espressione e di confronto. Oltre a Sciences Po, anche la storica Sorbona di Parigi è stata teatro di proteste, spesso finite con interventi della polizia per sgomberare gli edifici occupati.
Le parole di Pierre risuonano come un monito sulla situazione attuale: «È una situazione senza precedenti, a Sciences Po questa cosa non era mai successa, ma da quando si è cominciato a parlare di Palestina è successo due volte in due settimane». L’eco delle proteste e delle occupazioni studentesche si estende anche oltre Parigi, con mobilitazioni a Lione, Lille e Saint-Etienne, dimostrando un’onda di solidarietà e di impegno civile che attraversa il paese.
La giornata di mobilitazione si è conclusa con una manifestazione a Place du Panthéon, su appello di diversi sindacati studenteschi, segno evidente di una volontà di continuare a lottare per i propri ideali e per una causa che, agli occhi degli studenti, merita attenzione e impegno.