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La Pasqua degli Esclusi: Cattolici sotto l’Occupazione in Ucraina
In Ucraina, la Pasqua si tinge di sfumature di resistenza e sopravvivenza, specialmente per i cattolici che si trovano nelle aree occupate dalla Russia. Quest’anno, la celebrazione della Risurrezione, seguendo il calendario giuliano, avviene in un contesto di crescente pressione e controllo da parte delle autorità russe. La dichiarazione delle autorità di Mosca, che augura una Pasqua di “luce e pace” alle famiglie nella “nuova regione” di Zaporizhzhia, risuona con un’eco di ipocrisia data la realtà di occupazione e oppressione che caratterizza la loro presenza in queste terre.
Chiese chiuse e liturgie bandite, questo è il panorama desolante che si dipana per i cattolici in aree come Zaporizhzhia, dove il governo imposto dal Cremlino permette la celebrazione dei riti pasquali esclusivamente nelle chiese ortodosse russe, escludendo di fatto tutte le altre confessioni. Don Oleksandr Bogomaz, uno degli ultimi sacerdoti cattolici espulsi, racconta con dolore la chiusura delle parrocchie e la trasformazione di chiese in caserme o sedi di servizi segreti.
Una Battaglia per la Fede e la Libertà
La guerra ha trasformato la Pasqua in un momento di clandestinità e paura per molti credenti. Il governo ucraino, preoccupato per la sicurezza dei suoi cittadini, ha sconsigliato la partecipazione fisica ai riti, indirizzando i fedeli verso celebrazioni online. Don Oleksandr, ora rifugiato a Zaporizhzhia, continua a tenere viva la sua comunità attraverso celebrazioni virtuali, mantenendo un filo diretto con i pochi membri rimasti che seguono le liturgie dal segreto delle loro case.
La repressione nei confronti dei cattolici nelle zone occupate raggiunge livelli che ricordano i tempi bui dell’Unione Sovietica. Kiev denuncia l’illegalità delle azioni russe, come i rapimenti e gli arresti di civili, tra cui sacerdoti, che vengono tenuti in condizioni di totale incertezza, senza alcun contatto con il mondo esterno o possibilità di un processo legittimo.
Un Appello alla Solidarietà Internazionale
L’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, a capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, lancia un appello commovente per la liberazione dei prigionieri, sottolineando il profondo impatto delle parole di papa Francesco sull’importanza dello scambio di prigionieri. In questo contesto di divisione e sofferenza, la figura del Papa emerge come un faro di speranza, guidando le comunità sia in Ucraina che in Russia verso un gesto di pace e riconciliazione nella celebrazione della Pasqua.
La richiesta di rimpatrio dei detenuti, tra cui donne militari, operatori sanitari e sacerdoti, riflette un desiderio profondo di umanità e giustizia, cercando di superare le barriere erette dalla guerra e dall’odio. Questi sforzi cercano di riunire le famiglie e di restituire alla comunità coloro che sono stati ingiustamente strappati dalle loro vite a causa del conflitto.
La Russificazione Forzata delle Città Occupate
Parallelamente alla battaglia spirituale, si assiste a una strategia di russificazione serrata attuata dal Cremlino nelle regioni occupate. Città come Mariupol e Melitopol diventano esempi viventi di questa politica, con la costruzione di nuovi edifici e l’insediamento di cittadini russi, mirando a cancellare ogni traccia della presenza ucraina. Insegnamenti obbligatori sulla Russia nelle scuole e punizioni per chi non aderisce alla nuova narrativa imposta mostrano il tentativo di radicare profondamente l’identità russa in queste terre.
La resistenza ucraina, tuttavia, rimane forte, sia fisicamente sul campo di battaglia sia attraverso atti di disobbedienza civile e mantenimento della propria identità culturale e religiosa. La lotta per la libertà di credo e l’indipendenza nazionale continua, segnando ogni giorno la storia di un popolo che, nonostante l’oppressione, mantiene viva la speranza in un futuro di pace e giustizia.
Questa Pasqua, sebbene segnata da sofferenza e conflitto, rimane un simbolo potente di resistenza e speranza per l’Ucraina. La fede e la comunità emergono come baluardi contro l’oppressione, dimostrando che anche nel cuore della guerra, la luce della Risurrezione può ispirare coraggio e solidarietà.