![Tensioni e occupazioni a Sciences Po: la voce degli studenti contro il potere istituzionale 1 20240514 193903](https://masainews.it/wp-content/uploads/2024/05/20240514-193903.webp)
La polizia francese interviene a Sciences Po: tensioni e occupazioni
La mattinata di Parigi è stata segnata da un nuovo episodio di tensione all’interno dell’ambiente universitario. Alla prestigiosa istituzione Sciences Po, nota per essere un punto di riferimento nell’alta formazione accademica, gli agenti del Crs, la polizia antisommossa francese, hanno proceduto allo sgombero forzato di un gruppo di studenti pro-Palestina. Questi ultimi avevano occupato l’edificio situato in Rue Saint-Guillaume a partire dalla giornata precedente. La polizia è intervenuta intorno alle 11 del mattino, eseguendo un’operazione che ha portato all’evacuazione di 91 studenti, come comunicato dalla questura di Parigi. L’evento si colloca in un periodo di crescente mobilitazione studentesca, con gli studenti che avanzano richieste specifiche e cercano un dialogo aperto con l’amministrazione accademica.
Il contesto di questa occupazione trova le sue radici in un incontro svoltosi il 2 maggio tra l’amministrazione di Sciences Po e il corpo studentesco, un incontro richiesto dagli studenti stessi nei giorni precedenti come segno di apertura al dialogo su tematiche sensibili come la situazione in Palestina. Tuttavia, secondo quanto riportato da Pierre, uno studente coinvolto nelle proteste, l’esito dell’assemblea è stato deludente. Le aspettative di un confronto costruttivo si sono scontrate con una netta chiusura da parte dell’amministrazione universitaria, in particolare sulla questione dei partenariati con le università israeliane, punto focale delle richieste studentesche.
La risposta dell’amministrazione e la reazione degli studenti
Di fronte a quella che è stata percepita come un’indisponibilità al dialogo da parte dell’amministrazione, gli studenti hanno deciso di rinnovare l’occupazione di Sciences Po. La mobilitazione di questa settimana ha visto una partecipazione ancora più ampia rispetto a quella precedente, segno di un malcontento crescente e di una volontà di far sentire la propria voce su temi ritenuti di vitale importanza. Il risveglio, con la notizia dell’imminente intervento della polizia, ha posto gli studenti davanti a una scelta difficile: accettare l’ultimatum dell’amministrazione, che imponeva la fine di qualsiasi forma di mobilitazione, o continuare la protesta.
La decisione di una parte degli occupanti di uscire pacificamente prima dell’arrivo delle forze dell’ordine e la resistenza non violenta di altri, che hanno scelto di rimanere seduti incrociando le braccia, rappresentano due facce della stessa medaglia di protesta. L’amministrazione ha, in ultima analisi, chiuso l’accesso al campus, un gesto che ha simboleggiato la fine forzata dell’occupazione. Questo evento non è isolato, ma si inserisce in un contesto più ampio di mobilitazioni studentesche che si sono svolte in Francia e in altri paesi, tutte incentrate sulla solidarietà verso la Palestina e la critica verso le politiche universitarie ritenute insufficientemente sensibili a questo tema.
Un fenomeno che si estende oltre Sciences Po
Le manifestazioni di solidarietà e le richieste di un cambiamento nella politica universitaria non si limitano a Sciences Po. Anche altre storiche istituzioni come la Sorbona hanno assistito a proteste simili, segnale di un movimento studentesco che, seppur eterogeneo, condivide preoccupazioni comuni sulla giustizia sociale e internazionale. La rapidità e la determinazione degli interventi della polizia in questi contesti sollevano interrogativi sulla libertà di espressione e sul diritto di protesta nell’ambiente accademico, temi che resonano in molte società contemporanee.
La ministra dell’istruzione superiore Sylvie Retailleau, intervenendo sulle recenti occupazioni, ha esortato i presidenti delle università a garantire il mantenimento dell’ordine, sottolineando la necessità di utilizzare ‘la massima estensione dei poteri’ a loro disposizione. Queste parole, pur mirando a preservare la continuità didattica e la sicurezza degli edifici, rischiano di accentuare la percezione di un divario tra le istituzioni educative e la componente studentesca più attiva e critica.
La mobilitazione a Sciences Po rappresenta così solo l’ultimo episodio di un fenomeno più ampio, che vede gli studenti chiedere con forza un impegno concreto delle loro università su questioni globali. La risposta delle istituzioni, tra dialogo e repressione, delineerà i contorni futuri di questo rapporto, in un momento storico in cui le nuove generazioni sembrano sempre più determinate a far valere i propri principi e le proprie visioni del mondo.