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Escalation di tensioni: Ankara impone un blocco commerciale a Israele
Nel contesto di una crescente tensione geopolitica, la Turchia ha deciso di interrompere ogni scambio commerciale con Israele, un atto che segna un punto di svolta nelle relazioni tra i due Paesi. Il Ministero del Commercio turco ha annunciato la sospensione sia delle importazioni sia delle esportazioni, una mossa che getta ombre sul futuro economico e diplomatico tra Ankara e Tel Aviv. Questa decisione, legata direttamente alla guerra in corso a Gaza, ha provocato una reazione immediata da parte di Israele, con il ministro degli Esteri Israel Katz che ha espresso forte disapprovazione, definendo il presidente turco Recep Tayyip Erdogan un ‘nemico di Israele’ che ‘sostiene il terrorismo’ e ‘si schiera con i nemici di Israele’.
Le ragioni dietro il blocco
Il provvedimento adottato dalla Turchia non è giunto improvviso. Già nel mese precedente, Ankara aveva introdotto sanzioni commerciali contro Israele, colpendo 54 categorie di prodotti, tra cui ceramiche, fertilizzanti, marmo e acciaio. Le motivazioni dietro questi passi sono chiaramente legate al conflitto in Gaza, con la Turchia che cerca di esercitare pressione su Israele affinché cessi le ostilità e permetta il passaggio di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. ‘Il governo ha deciso di passare alla seconda fase dell’applicazione di sanzioni nei confronti di Israele e bloccare import ed export di tutti i prodotti. Le sanzioni rimarranno in vigore fino a quando non sarà garantito il passaggio di aiuti umanitari verso la Striscia di Gaza’, si legge in un comunicato ufficiale.
Impatto economico e risposte
L’impatto economico di tale decisione non è trascurabile. Secondo l’Istituto turco di statistica, nel 2023 il commercio bilaterale tra Turchia e Israele valeva 6,8 miliardi di dollari, con una predominanza di esportazioni turche, tra cui ferro e acciaio. Dall’altra parte, le importazioni maggiori dalla Turchia riguardavano i prodotti petroliferi raffinati. Il ministro Katz ha annunciato che il governo israeliano si impegnerà a trovare alternative immediate per compensare la perdita del commercio con la Turchia, puntando su un aumento della produzione locale e sulla ricerca di nuovi fornitori.
Una sfida diplomatica
La decisione di Ankara arriva in un momento delicato per le relazioni internazionali, subito dopo l’annuncio della Turchia di volersi unire al Sudafrica presso la Corte Suprema delle Nazioni Unite per accusare Israele di genocidio nei territori palestinesi. Questa mossa segna un netto deterioramento delle relazioni tra i due Stati, che avevano visto una certa riavvicinamento lo scorso agosto, dopo anni di tensioni. La guerra a Gaza e l’attacco di Hamas hanno riacceso le divergenze, con Erdogan che si è schierato apertamente a sostegno dei militanti di Hamas, non considerati un’organizzazione terroristica dalla Turchia, a differenza degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
Tentativi di mediazione
Nonostante il congelamento delle relazioni commerciali, ci sono segnali di una possibile via diplomatica per la risoluzione del conflitto. La Turchia sta cercando di posizionarsi come mediatore tra Israele e Hamas, con il leader di quest’ultimo, Ismail Haniyeh, che ha optato per rimanere in Turchia a tempo indeterminato, su offerta di Erdogan. Questa mossa potrebbe aprire nuove prospettive per un dialogo, nonostante le tensioni attuali. Fonti vicine ai negoziati riferiscono di incontri programmati di Haniyeh con funzionari palestinesi e arabi, segno di un attivismo turco volto a smuovere le acque in una regione da troppo tempo segnata da conflitti.
In un contesto internazionale sempre più complesso, la decisione della Turchia di sospendere gli scambi commerciali con Israele rappresenta un’ulteriore complicazione sullo scacchiere mediorientale. Con implicazioni che vanno ben oltre l’ambito economico, il blocco solleva questioni profonde sul futuro delle relazioni diplomatiche nella regione, in un momento in cui la ricerca di soluzioni pacifiche appare più urgente che mai.